sabato 25 febbraio 2017

ALEJANDRA PIZARNIK, Extracción de la piedra de locura , LINTERNA SORDA , LANTERNA CIECA






Hieronymus Bosch, Estrazione della pietra della follia
Particolare




LINTERNA SORDA


Los ausentes soplan y la noche es densa. La noche tiene
el color de los párpados del muerto.
Toda la noche hago la noche. Toda la noche escribo.
Palabra por palabra yo escribo la noche.



LANTERNA CIECA

Gli assenti soffiano e la notte è densa. La notte ha il colore 
delle palpebre dei morti.
Per tutta la notte faccio la notte. Per tutta la notte scrivo.
Parola per parola  scrivo la notte.







In un altro testo, Sous la nuit,  i versi di Linterna Sorda si espandono e si esplicano:


Sous la nuit.
 Alejandra Pizarnik
A Y. Yván Pizarnik de Kolikovski, mi padre

       Los ausentes soplan grismente y la noche es densa. La noche tiene el color de los párpados del muerto.
       Huyo toda la noche, encauzo la persecución y la fuga, canto un canto para mis males, pájaros negros sobre mortajas negras.
       Grito mentalmente, el viento demente me desmiente, me confino, me alejo de la mano crispada, no quiero saber otra cosa que este clamor, este resolar en la noche, esta errancia, este no hallarse.

       Toda la noche hago la noche.
       Toda la noche me abandonas lentamente como el agua cae lentamente. Toda la noche escribo para buscar a quien me busca.
       Palabra por palabra yo escribo la noche.


domenica 19 febbraio 2017

ALEJANDRA PIZARNIK, Extracción de la piedra de locura


  Extracción de la piedra de locura





ESTAR

Vigilas desde este cuarto
donde la sombra temible es la tuya.
No hay silencio aquí
sino frases que evitas oír.
Signos en los muros
narran la bella lejanía.
(Haz que no muera
sin volver a verte.)


Vigili da questa stanza
dove la temibile ombra è la tua.
Non c'è silenzio qui
tranne frasi  che non vuoi sentire.
Segni sui muri
narrano la bella lontananza.
( Fai che non muoia
senza averti rivisto)









martedì 7 febbraio 2017

Sogno a lieto fine

Risultati immagini per bosco di notte

Sogno a lieto fine

Sognai un sogno l'altra notte.
Camminavo su un sentiero stretto
di foglie che gemevano
sospiri sotto i miei passi.
Gli alberi mi facevano da ombrello
e da riparo tranne che in un punto
da cui nel cielo oscuro
un nuovo pianeta mi fissava
con glauco sguardo.
I pensieri che cozzavano fra loro
plumbei mi fornivano la guida.
Ma spesso oscura è la materia 
della mente
non sai dove ti porta veramente.
Camminavo su un sentiero stretto
cercavo guida e ascolto
ma sol silenzio e buio
mi erano vicino.
Ad un tratto il sentiero stretto
si aprì e c'era un uomo in mezzo.
Mi avvicinai esitando, lui non si mosse
e quando arrivai a lui dipresso
vidi soltanto questo:
il pianeta nuovo aveva traslocato
nel suo glauco occhio.

Poesia di Ipazia

sabato 4 febbraio 2017

ALEJANDRA PIZARNIK, 'Arbol de Diana


                                          Arbol de Diana


Prologo di Octavio Paz. Aprile del 1962.  



(Chimica): Cristallizzazione  verbale dovuta ad amalgama d’insonnia passionale e lucentezza meridiana in un processo di solvatazione della realtà sottoposta alle più alte temperature. Il prodotto non contiene una sola particella di menzogna.

(Botanica): L’albero di diana è trasparente e non proietta ombra. Possiede una luce propria, scintillante e rapida. Nasce nelle terre aride d’America. L’ostilità del clima, l’inclemenza dei discorsi e la grettezza, l’opacità generale delle specie pensanti, sue vicine, per un fenomeno di compensazione ben noto, stimolano le proprietà luminose di questa pianta. Non ha radici; il tallo è un cono di luce leggermente ossessiva; le foglie sono piccole, rivestite da quattro o cinque linee di scrittura fosforescente, picciolo elegante ed aggressivo, margini dentellati; i fiori sono diafani, i maschi separati dalle femmine, questi ultimi ascellari , quasi sonnambuli e solitari, i primi in spighe, spolette e, più raramente , spine.
(Mitologia ed Etnografia): Gli antichi credevano che l’arco della dea fosse un ramo divelto dell’albero di Diana. La cicatrice del tronco era considerata come il sesso (feminino) del mondo. Forse si tratta di un albero di fico mitologico (la linfa dei rami teneri è lattiginosa, lunare). Il mito allude possibilmente ad un sacrificio da smembramento : un adolescente (uomo o donna?) veniva smembrato ad ogni luna nuova, per stimolare la riproduzione delle immagini nella bocca della profetessa (archetipo dell’unione dei mondi supero e infero). L’albero di Diana è uno degli attributi maschili della divinità femminile. Alcuni vedono in questo una conferma ulteriore dell’origine monoica della materia grigia e, forse, di tutte le altre (materie); altri deducono che è un caso di espropriazione della sostanza mascolina solare: il rito sarebbe solo una cerimonia di mutilazione magica del raggio primordiale (3). Allo stato attuale delle nostre conoscenze è impossibile scegliere tra una qualsiasi di queste due ipotesi. Segnaliamo, senza dubbi, che i partecipanti (alla cerimonia) mangiavano dopo carboni incandescenti, costume che si è conservato fino ai giorni nostri.

(Araldica): scudo di “armes parlantes”(4)

(Fisica): Per molto tempo si è negata l’esistenza fisica dell’albero di Diana. Infatti, e ciò e dovuto alla sua straordinaria trasparenza, pochi sono in grado di vederlo. Solitudine, concentrazione e un affinamento generale della sensibilità sono requisiti indispensabili per poterlo vedere. Alcune persone, che sono stimate essere intelligenti, si lamentano che, nonostante la loro preparazione, non vedono nulla. Per fugare ogni possibilità d’errore, basta tenere a mente che l’albero di Diana non è un corpo che si può vedere: è un oggetto (animato) che ci fa vedere oltre, uno strumento naturale della visione. Per di più, una piccola prova di critica sperimentale fugherà, reale e in maniera definitiva, i pregiudizi dell’illuminismo contemporaneo: collocato dinanzi al sole, l’albero di Diana riflette i suoi raggi e li riunisce in un fuoco centrale chiamato poema, che produce un calore luminoso capace di bruciare, fondere e persino trasformare in vapore gli increduli. Si raccomanda questa prova ai critici letterari del nostro idioma.

La traduzione del prologo è di Maria Pia Dell'Omo.














                                                                         







1

Ho dato il mio slancio all'alba.
Ho lasciato il mio corpo unito alla 
luce
e ho cantato la tristezza di ciò che
nasce.


2


Queste sono le versioni che ci
propone:
un buco, una parete
che trema...


3


solo la sete
il silenzio
nessun incontro

guardati da me amore mio
guardati dalla silenziosa nel
deserto
dalla viaggiatrice con il bicchiere vuoto
e dall'onbra della sua ombra.


4


E ADESSO:
Chi smetterà di affondare la sua mano
in cerca del
tributo per la piccola dimenticata.
Il freddo pagherà.
Pagherà il vento. La pioggia
pagherà. Pagherà
il tuono.
Per Aurora e Julio Cortàzar


5


per un minuto di vita breve
unica a occhi aperti
per un minuto vedere
nel cervello piccoli fiori
che danzano come parole sulla
bocca di un muto


6


lei si spoglia in paradiso
dei suoi ricordi
lei  ignora il feroce destino
delle sue visioni
lei ha paura  di non saper
nominare
quello che non esiste.


7


Salta con la camicia in fiamme 
di stella in stella, 
di ombra in ombra. 
Muore di morte lontana 
colei che ama il vento.


8


Memoria illuminata, galleria
dove
s'aggira l’ombra di quel che spero
Non è 
vero che verrà. Non è vero 
che
non verrà.


9


Queste ossa che brillano di
 notte,
queste parole come pietre
 preziose
nella gola viva di un uccello
pietrificato,
questo verde molto amato
questo caldo lilla,
questo cuore  misterioso.


10


un vento debole 
pieno di volti piegati 
che ritaglio come oggetti
da amare


11


ora
in quest’ora innocente
io e colei che fui ci sediamo
sulla soglia del mio sguardo


12


mai piú le dolci metamorfosi 
di una bimba di seta
sonnambula ora nella cornice 
di nebbia

il suo risveglio di mano che respira
di fiore che si apre al vento


13


spiegare con parole di questo
mondo

che partí da me una nave 
portandomi


14


La poesia che non dico,
quella che non merito.
Paura di essere due
sulla via dello specchio:
qualcuno che dorme in me
mi mangia e mi beve.


15


Rimpiango di avere smarrito
l’ora in cui sono nata.
Rimpiango di non poter officiare
da ultima arrivata.


16


hai costruito la tua casa
hai impiumato i tuoi uccelli
hai colpito il vento
con le tue stesse ossa

hai finito da sola
quello che nessuno iniziò.


17


Giorni in cui una parola lontana 
si impossessa di me.
Vado per quei giorni sonnambula e
trasparente. Il bell' automa si canta,
si incanta, si racconta casi e cose: nido di fili
rigidi dove mi danzo 
e mi piango ai miei numerosi
funerali. (Lei è il suo
specchio incendiato, la sua attesa di
roghi freddi, il suo
elemento mistico, la sua fornicazione
di nomi che 
crescono soli nella notte pallida.)


18


come una poesia cosciente
del silenzio delle cose
tu parli per non vedermi


19


che io veda gli occhi
che ho nei miei tatuati


20


dice che non sa della paura della
morte dell’amore
dice che ha paura della
morte dell’amore
dice che l’amore è morte 
è paura
dice che la morte è paura è 
amore
dice che non sa


a Laire Bataillon


21


sono nata tanto
e ho doppiamente sofferto
nella memoria di qui e di là


22

nella notte

uno specchio per la
 piccola morta

uno specchio di ceneri


23


uno sguardo dalle fogne
può essere una visione del mondo

la ribellione consiste nel guardare una 
rosa
fino a polverizzarsi gli occhi


24


( Un disegno di Wols)

questi fili imprigionano le 
ombre
e le obbligano a render conto del 
silenzio
questi fili uniscono lo sguardo al 
singhiozzo


25


( esposizione Goya)


uno varco nella notte
prontamente invaso da un 
angelo


26


( un disegno di Klee)


quando il palazzo della notte
accenderà la sua bellezza
colpiremo gli specchi
finché i nostri volti 
canteranno come idoli


27


un colpo dell’alba sui fiori
mi abbandona ubriaca di nulla e 
di luce lilla
ubriaca d’immobilità e di certezza


28


ti allontani dai nomi
che filano il silenzio delle cose



29


Qui viviamo con una mano alla 
gola.
Che nulla è possibile già lo sapevano
gli uomini che inventavano  piogge e tessevano
parole nel tor-
mento dell’assenza. Perciò nelle 
loro preghiere 
c’era un suono di mani innamorate 
della nebbia.

ad André Pieyre de Mandiargues


30

nell’ inverno favoloso
il lamento delle ali nella pioggia

nella memoria dell’acqua dita di 
nebbia


31


È un chiudere gli occhi e giurare 
di non aprirli. Intanto 
fuori si nutrano 
di orologi e di fiori 
nati dall’astuzia. Ma con 
gli occhi
chiusi e un dolore davvero troppo 
grande tocchiamo gli 
specchi affinché
le parole dimenticate suonino
magicamente.


32


Zona di piaghe dove l’addormentata 
mangia lentamente

il suo cuore di mezzanotte


33


qualche volta
forse una volta forse un'altra
me ne andrò senza restare
me ne andrò come quella se ne va

         a Ester Singer


34


la piccola viaggiatrice
moriva spiegando la sua morte

saggi animali nostalgici
visitavano il suo corpo caldo


35


Vita, mia vita, lasciati cadere, lasciati 
dolere, mia
 vita, lasciati circondare di fuoco, di 
silenzio in-
genuo, di pietre verdi nella 
casa della 
notte, lasciati cadere e dolere, mia
 vita.


36


nella gabbia del tempo
l’addormentata guarda i suoi occhi soli

il vento le trae
la tenue risposta delle foglie

         ad Alain Glass


37


al di là di qualunque zona 
proibita
c’è uno specchio per la nostra triste
trasparenza


38


Questo canto pentito, vedetta
dietro le mie poesie:
questo canto mi smentisce, mi
imbavaglia..