mercoledì 9 luglio 2025

What happened to the American cinema? (Io e Jago siamo telepatici).

 

Qualche sere fa è arrivato su Sky "Joker: Folies à Deux". 

Vediamolo, penso, anche se già sapevo che le critiche erano state impietose (ma non sempre le critiche ci azzeccano).

Ebbene, a metà del film mi sono alzata e sono andata via. 

Mai visto un film più sgangherato, confusionario, con una sceneggiatura ridicola e una recitazione ancor peggiore.

Perché il cinema americano si dedica, oramai, soltanto a sequel e franchise come "Mission Impossible"? 

Perché non racconta più il mondo d'oggi, le sue contraddizioni, la sua cattiveria ?

Molti adducono la sua crisi alla crisi degli studios hollywoodiani ma io metterei, tra le cause, anche i maledetti social che pretendono di raccontare la realtà ma non lo fanno affatto perché raccontano tante micro-realtà,  quelle di coloro che ci scrivono.

La globalizzazione doveva globalizzare invece ha sfilacciato, disgregato, disorientato.

Gli stimoli e gli impulsi che ci giungono dall'esterno sono talmente tanti e talmente molteplici nei significati che veicolano che è molto difficile trarne un senso.

Forse anche chi fa cinema trova difficile tirare le fila di una realtà così complessa.

Così, tanto per giocare, ecco i nomi di registi americani che ci hanno raccontato il mondo e, attraverso di esso, noi stessi:

Robert Altman, Sydney Lumet, Sydney Pollack, Arthur Penn, Stanley Kubrick, Michael Cimino, Alan J. Pakula, Arthur Penn, Mike Nichols, Hal Ashby, Bob Rafelson, Peter Bogdanovich, Walter Hill, Jonathan Demme, Dennis Hopper.

I registi ancora vivi sono talmente anziani che , credo, non potranno più raccontarci nulla.

Su Sky c'è in programmazione il sequel de "Il gladiatore".

Sono sicura che, a metà del film, mi alzerò e andrò a leggere un libro.

(Nooooo, i sequel noooo). 

Non si uccidono così anche i cavalli? Restaurato in HD (DVD) - DVD - Film  di Sydney Pollack Drammatico | IBS 

 

MASH, ridere per non impazzire

 



Ci sono film che usano la guerra come sfondo per raccontare l' eroismo, MASH, diretto da Robert Altman, fa l' opposto, usa la guerra per mostrare l' assurdità del potere, il caos dell' esistenza e la necessità, quasi fisica, di riderne per non soccombere.

  Ambientato durante la guerra di Corea, ma con evidenti riferimenti alla guerra del Vietnam che negli anni '70 sconvolgeva l' America, MASH ci catapulta in un ospedale da campo ( MASH è l' acronimo di Mobile Army Surgical Hospital, Ospedale Militare Chirurgico da Campo) dove i medici Hawkeye Pierce e Trapper John McIntyre operano feriti senza sosta, tra sangue, battute taglienti e una sana dose di anarchia.

  Altman abbandona ogni eroismo e costruisce un affresco grottesco, corale, con dialoghi sovrapposti e un realismo crudo e impressionante. Il suo sguardo è cinico ma compassionevole: i personaggi non sono santi né martiri, ma esseri umani che si aggrappano all' umorismo come ultima ancora di salvezza.

Un esempio di questo allegro cinismo è già la scena di apertura del film, con gli elicotteri che trasportano feriti sanguinolenti  accompagnati da una musichetta malinconica ma dolcemente assurda: Suicide Is Painless, Il Suicidio non fa male. Il brano diventato iconico, composto da Johnny  Mandel con testo scritto dal figlio diciassettenne del regista.

E' una canzone sull' atto estremo del suicidio, cantata con  un tono quasi da ninnananna hippie,un ironia tragica che anticipa tutto lo spirito del filmIl film fu un successo clamoroso, vincitore della Palma d' Oro a Cannes e candidato a cinque Oscar, e soprattutto diede il via alla celebre serie TV omonima, che avrebbe conquistato il pubblico per oltre un decennio. 




  Oggi MASH resta un' opera attualissima, un esempio di come la commedia, quando è ben fatta, possa dire la verità meglio di qualunque dramma.



domenica 29 giugno 2025

Essere un sasso

 

 Sasso che posa... di Lina Schwarz - Filastrocche d'Autore su Filastrocche.it

Ci avete mai pensato? 

In genere, la domanda canonica è: "Quale animale vorresti essere?"

Ma a nessuno è mai venuto in mente di essere un sasso, una cosa inanimata.

Conoscevo, è vero, il sasso di Murakami ma non mi è venuto in mente, mentre leggevo il libro, di poter desiderare di diventarlo. Fino a quando, tanti anni fa, mi imbattei nella"cosa posata in un angolo e dimenticata" di Giuseppe Ungaretti e cominciai a rifletterci su.

Ieri avvenivano, come al solito, le mie peregrinazioni sul web e, guarda, mi imbatto nella poesia "STONE" di Charles Simic :

Go inside a stone 
That would be my way.
Let somebody else become a dove
Or gnash with a tiger's tooth.
I am happy to be a stone.
 
From the ouside the stone is a riddle:
No one knows how to answer it.
Yet within, it must be cool and quiet
Even though a cow steps on it full
weight,
Even though a child throws it in a river;
The stone sinks, slow, unperturbed 
To the river bottom
Where the fishes come to knock on it
And listen.
 
I have seen sparks fly out
When two stones are rubbed,
So perhaps it is not dark inside after all;
Perhaps there is a moon shining
From somewhere, as though behind a
hill-
Just enough light to make out
The strange writings, the star-charts
On the inner walls. 
 
SASSO 
 
Diventa un sasso
Lascia fare a un altro la colomba 
Lascia ad un altro i denti della tigre.
Io sono felice così.
 
Dall'esterno il sasso è un enigma:
Nessuno sa come rispondere.
Ma all'interno, dev'esser fresco e quieto
Persino se una mucca lo calpesta,
Persino se un bambino lo getta dentro un fiume;
Il sasso affonda, lento, imperturbato
Al fondo arriva
Dove i pesci giungono bussando
e ascoltano.
 
Ho visto scintille schizzar via
quando due sassi sono strofinati,
Così probabilmente non è buio lì dentro
dopotutto;
Forse c'è una luna che brilla
Da chissà dove, forse un colle-
Forse abbastanza luce per interpretare
Gli strani scritti, le mappe stellari
Sui muri interiori. 
 
Traduzione di Ipazia