giovedì 19 dicembre 2019

Della felicità/ About happiness (dedicata a Jago)




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 Della felicità  (dedicata a Jago)
di Vasco Pratolini

La felicità è un sentimento segreto, esclusivo, inquisitorio, dolcissimo e supremamente crudele.
Vi si sta arroccati come in un palazzo di ferro e cemento, dalle grandi vetrate;
nello stesso tempo è un riflesso sull'acqua che non solo la brezza, ma l'ombra di un passante può alterare....La felicità non si narra.
Si può appena, come la pioggia, scorrendo a rivoli, traccia e scancella delle figurazioni,
annotare i momenti salienti che ci consentono di intravederla.
E un'altra cosa so della felicità: che essa è muta.


About happiness   (dedicated to Jago)
by Vasco Pratolini

Happiness is a secret feeling, exclusive, inquisitive, extremely cruel, the sweetest feeling.
We entrench ourselves into her like into an iron and cement palace, with huge stained glass windows;
at the same time she is a glare on the water which not only breeze but also the shadow of a passerby may alter... Happiness cannot be told.
You can only, like the rain, running down in streams, traces and washes away figures, note the salient moments that make us glimpse her.
And another thing I know about happiness: she is mute.

Translated by Ipazia




martedì 26 novembre 2019

Fifteenth farewell (Traduzione difficile!)

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Fifteenth farewell
by Louise Bogan

                                   I

You may have all things from me, save my breath,
The slight life in my throat will not give pause
For your love, nor your loss, nor any cause.
Shall I be made a panderer to death,
Dig the green ground for darkness underneath,
Let the dust serve me, covering all that was
With all that will be? Better, from time's claws,
The hardened face under the subtle wreath.

Cooler than stones in wells, sweeter, more kind
Than hot, perfidious words, my breathing moves
Close to my plunging blood. Be strong, and hang
Unriven mist over my breast and mind,
My breath! We shall forget the heart that loves,
Though in my body beat its blade, and its fang.

                                   II

I erred, when I thought loneliness the wide
Scent of mown grass over forsaken fields,
Or any shadow isolation yields.
Loneliness was the heart within your side.
Your thought, beyond my touch, was tilted air
Ringed with as many borders as the wind.
How could I judge you gentle or unkind
When all bright flying space was in your care?

Now that I leave you, I shall be made lonely
By simple empty days, never that chill
Resonant heart to strike between my arms
Again, as though distraught for distance,-only
Levels of evening, now, behind a hill,
Or a late cock-crow from the darkening farms.

Fifteenth farewell
di Louise Bogan

                                      I

Tu puoi avere tutto di me, finanche il mio respiro,
Il più piccolo fiato nella mia gola mai si fermerà
Dal celebrare il tuo amore, né la sua perdita, né alcun motivo per essa.
Dovrò forse io intercedere con la morte,
Scavare la verde terra fino al buio sottostante,
Lasciare che la polvere mi sia utile, coprendo tutto ciò che era
Con tutto ciò che sarà? Meglio, sotto le ingiurie del tempo,
Il viso indurito sotto la lieve corona.

Più freddo delle pietre, più dolce, più gentile
Di calde, perfide parole, il mio respiro si muove
Vicino al mio sangue profondo. Sii forte, e spandi
Nebbia compatta sul mio petto e sulla mente,
Il mio respiro! Noi dimenticheremo il cuore che ama,
Sebbene nel mio corpo batta la sua lama, e la sua zanna.

                                    II

Errai, quando pensavo alla solitudine come all'ampio
Profumo dell'erba falciata sopra dimenticati campi
O a qualsiasi ombra che l'isolamento conduce.
La solitudine era il fulcro nel tuo fianco.
Il tuo pensiero, sotto il mio tocco, era aria sghemba
Inanellata da tanti bordi quanti ne ha il vento.
Come potevo giudicarti gentile o scortese
Quando tutto il chiaro vibrante spazio era nella tua cura?

Ora che ti lascio, mi renderanno sola
Semplici vuoti giorni, mai più quel freddo
Risonante cuore combatterà tra le mie braccia
Di nuovo, come fosse sconvolto dalla lontananza,-solo
Differenti colori della sera, ora, dietro una collina,
O un tardo canto del gallo dalle fattorie che scompaiono nel buio.

Traduzione di Ipazia
P.S.: Jagooo, come tradurresti il titolo?





giovedì 7 novembre 2019

The house was quiet and the world was calm

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The house was quiet and the world was calm
by Wallace Stevens

The house was quiet and the world was calm.
The reader became the book; and summer night

Was like the conscious being of the book.
The house was quiet and the world was calm.

The words were spoken as if there was no book,
Except that the reader leaned above the page,

Wanted to lean, wanted much most to be
The scholar to whom his book is true, to whom

The summer night is like a perfection of thought.
The house was quiet because it had to be.

The quiet was part of the meaning, part of the mind:
The access of perfection to the page.

And the world was calm. The truth in a calm world,
In which there is no other meaning, itself

Is calm, itself is summer and night, itself
Is the reader leaning late and reading there.


La casa era silenziosa ed il mondo calmo
di Wallace Stevens

La casa era silenziosa ed il mondo calmo.
Il lettore divenne il libro; e la notte estiva

Era come la coscienza del libro.
La casa era silenziosa ed il mondo calmo.

Le parole pronunciate come se non ci fosse alcun libro,
Ma il lettore era chino sulla pagina,

Voleva curvarsi su di essa, voleva più di tutto essere
Lo scolaro per cui il libro è vero, per cui

La notte estiva è come la perfezione del pensiero.
La casa era in silenzio perché doveva esserlo.

Il silenzio era parte del significato, parte della mente:
L'accesso alla perfezione sulla pagina.

E il mondo era calmo. La verità in un mondo calmo,
In cui non c'è nessun altro significato, esso stesso

E' calmo, è l'estate e la notte, esso stesso
E' il lettore chino a tarda notte che lì legge.

Traduzione di Ipazia

martedì 22 ottobre 2019

PAUL EDUARD, La dame de carreau, La donna di quadri. Traduzione di Carmine Mangone


Tout jeune, j'ai ouvert mes bras à la pureté. Ce ne fut qu'un battement d'ailes au ciel de mon éternité, qu'un battement de coeur amoureux qui bat dans les poitrines conquises. Je ne pouvais plus tomber. Aimant l'amour. En vérité, la lumière m'éblouit. J'en garde assez en moi pour regarder la nuit, toute la nuit, toutes les nuits. Toutes les vierges sont différentes. Je rêve toujours d'une vierge. A l'école, elle est au banc devant moi, en tablier noir. Quand elle se retourne pour me demander la solution d'un problème, l'innocence de ses yeux me confond à un tel point que, prenant mon trouble en pitié, elle passe ses bras autour de mon cou. Ailleurs, elle me quitte. Elle monte sur un bateau. Nous sommes presque étrangers l'un à l'autre, mais sa jeunesse est si grande que son baiser ne me surprend point. Ou bien, quand elle est malade, c'est sa main que je garde dans les miennes, jusqu'à en mourir, jusqu'à m'éveiller. Je cours d'autant plus vite à ses rendez-vous que j'ai peur de n'avoir pas le temps d'arriver avant que d'autres pensées me dérobent à moi-même. Une fois, le monde allait finir et nous ignorions tout de notre amour. Elle a cherché mes lèvres avec des mouvements de tête lents et caressants. J'ai bien cru, cette nuit-là, que je la ramènerais au jour. Et c'est toujours le même aveu, la même jeunesse, les mêmes yeux purs, le même geste ingénu de ses bras autour de mon cou, la même caresse, la même révélation. Mais ce n'est jamais la même femme. Les cartes ont dit que je la rencontrerai dans la vie, mais sans la reconnaître. Aimant l'amour.



Gala Eluard Dalì





Giovanissimo, ho aperto le braccia alla purezza. Non ci fu che un battito d’ali nel cielo della mia eternità, un battito del cuore innamorato che batte nei petti conquistati. Non potevo più cadere.
Amando l’amore. In verità, la luce mi abbaglia. Ne possiedo abbastanza in me per guardare la notte, tutta la notte, tutte le notti.Tutte le vergini sono diverse. Io sogno sempre una vergine.
A scuola lei è nel banco davanti a me, col grembiule nero. Quando si volta per chiedermi la soluzione d’un problema, l’innocenza dei suoi occhi mi confonde a tal punto che lei, avendo pietà del mio turbamento, mi getta le braccia intorno al collo.
Altrove, mi abbandona. Sale su un battello. Siamo quasi estranei l’uno all'altra, ma la sua giovinezza è così grande che il suo bacio non mi sorprende affatto.
Oppure, quando è malata, è la sua mano che tengo fra le mie, fino a morirne, fino a risvegliarmi.
Tanto più rapido accorro ai suoi appuntamenti, se ho paura di non avere il tempo d’arrivare prima che altri pensieri mi rubino a me stesso.
Una volta, il mondo stava per finire e noi ignoravamo tutto del nostro amore. Lei cercò le mie labbra con dei movimenti della testa lenti e carezzevoli. Ho davvero creduto, quella notte, che l’avrei ricondotta al giorno.
Ed è sempre la stessa confessione, la stessa giovinezza, gli stessi occhi puri, lo stesso gesto ingenuo delle sue braccia intorno al mio collo, la stessa carezza, la stessa rivelazione.
Ma non è mai la stessa donna.
Le carte hanno detto che la incontrerò ancora nella vita, ma non la riconoscerò.
Amando l’amore.








sabato 19 ottobre 2019

PAUL ELUARD, Insomnie. PAUL ELUARD , Pauvre



                                                                  INSOMNIE


Je reculais lentement. Je devins inactif, improductif; je devins intangible, invisible,                           incompréhensible. Une nuit encore, on m' illumina, faiblement; puis ce fut la tombe,
 toute panachée de racines, d 'animaux luisants, d'os. Personne ne s'en doutait, personne ne m' y suivit



Indietreggiavo lentamente. Diventavo inattivo. improduttivo; diventavo intangibile, invisibile, 
incomprensibile. Un'altra notte,mi illuminai, debolmente; poi venne la tomba, tutta ingombra di radici, di animali splendenti, di ossa. Nessuno lo comprese, nessuno mi seguì.




+

PAUVRE

C'est le mystère de l'air pur, celui du blé. C' est le mystère de l' orage, celui du pauvre. Dans les pauvres maisons, on aime le silence. On aime aussi le silence. Mais les enfants crient, les femmes pleurent, les hommes crient, la musique est horrible. On voudrait faire la moisson  et l'on fait honte aux étoiles. Quel  désordre noir, quelle pourriture, quel desastre! Jetons ce langes au ruisseau, jetons nos femmes a la rue, jetons notre pain aux ordures, jetons-nous  au feu, jetons-nous au feu!


E' il mistero dell'aria pulita, quello del frumento. E' il mistero della bufera, quello della povertà. Nelle povere dimore ci piace il silenzio. Ci piace molto il silenzio. Ma i bambini piangono, le donne piangono, gli uomini gridano, la musica è orribile. Vorremmo fare la mietitura e facciamo vergognare  le stelle. Che disordine nero, che marciume, che disastro! Gettiamo i panni nel ruscello, gettiamo le nostre donne per strada, gettiamo il nostro pane nelle immondizie, gettiamoci nel fuoco, gettiamoci nel fuoco!






mercoledì 16 ottobre 2019

Poem without an end

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Poem without an end
by Yehuda Amichai

Inside the brand-new museum
there's an old synagogue.
Inside the synagogue
is me.
Inside my heart
a museum.
Inside the museum
a synagogue,
inside it
me,
inside me
my heart,
inside my heart
a museum.


Poesia senza fine
di Yehuda Amichai

Nel nuovo museo
c'è una vecchia sinagoga.
Nella sinagoga
ci sono io.
Dentro il mio cuore
un museo.
Dentro il  museo
una sinagoga,
in lei
me,
in me
il mio cuore,
nel mio cuore
un museo.

Traduzione di Ipazia

venerdì 13 settembre 2019

PAUL ELUARD, Baigneuse du clair au sombre


Il pomeriggio dello stesso giorno. Ti muovi, leggera, e leggeri si muovono il mare e la sabbia.
 Ci piace l'ordine delle cose, l'ordine delle rocce, l'ordine dei colori, l'ordine delle ore. Ma questa ombra che scompare e questo fatto doloroso, che scompare.
A sera, la nobiltà è parte di questo cielo. Qui, tutto si raccoglie in fuoco che si spegne.
A sera. Sul mare non ci sono più luci e, come ai vecchi tempi, tu potrai dormire sul mare


mercoledì 11 settembre 2019

Passing through/ Passando oltre

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Passing through
by Stanley Kunitz

On my seventy-ninth birthday

Nobody in the widow's household
ever celebrated anniversaries.
In the secrecy of my room
I would not admit I cared
that my friends were given parties.
Before I left town for school
my birthday went up in smoke
in a fire at City Hall that gutted
the Department of Vital Statistics.
If it weren't for a census report
of a five-year-old White Male
sharing my mother's address
at the Green Street tenement in Worcester
I'd have no documentary proof
that I exist. You are the first,
my dear to bully me
into these festive occasions.

Sometimes, you say, I wear
an abstracted look that drives you
up the wall, as though it signified
distress or disaffection.
Don't take it so to heart.
Maybe I enjoy not-being as much
as being who I am. Maybe
it's time for me to practice
growing old. The way I look
at it, I'm passing through a phase:
gradually I'm changing to a word.
Whatever you choose to claim
of me is always yours;
nothing is truly mine
except my name. I only
borrowed this dust.

Ipazia's note: Stanley Kunitz died at 100. When he wrote this poem he still had 21 years to live.


Passando oltre
by Stanley Kunitz

Al mio settantanovesimo compleanno

Nessuno, in casa della vedova
aveva mai celebrato anniversari.
Nel chiuso della mia stanza
non avrei mai ammesso di soffrire
per i compleanni festeggiati dai miei amici.
Prima che lasciassi la città per la scuola
il mio compleanno andò in fumo
in un incendio alla City hall che devastò
il Dipartimento di Statistiche Vitali.
Non fosse stato per il censimento
di un Maschio Bianco di cinque anni
che condivideva l'indirizzo di mia madre
nel rione di Green Street a Worcester
non avrei avuto nessuna prova documentale
del fatto che io esisto. Tu sei la prima,
mia cara, a tiranneggiarmi
in queste occasioni festive.

Qualche volta, tu dici, io indosso
uno sguardo assorto che ti dà
sui nervi, come se significasse
angoscia o risentimento.
Non prenderla così sul serio.
Forse io non gradisco così tanto
l'essere chi sono. Forse
è tempo per me di cimentarmi
con l'essere vecchio. Per come io
la vedo, sto attraversando una fase:
gradualmente sto diventando una parola.
Qualsiasi pezzo tu voglia reclamare di me,
esso è sempre tuo;
niente è davvero mio
eccetto il mio nome. Presi soltanto
in prestito questa polvere.

Traduzione di Ipazia

Nota di Ipazia: Stanley Kunitz è morto all'età di 100 anni. Quando ha scritto questa poesia aveva davanti a sè ancora 21 anni di vita.

domenica 1 settembre 2019

Da LES DESSOUS D'UNE VIE OU LA PYRAMIDE HUMAINE, Paul Eluard, trad. A.Panciroli



D’abord, un grand désir m’était venu de solennité et d’apparat.
J’avais froid.
Tout mon être vivant et corrompu aspirait à la rigidité et à la majesté des morts.
Je fus tenté ensuite par un mystère où les formes ne jouent aucun rôle.
Curieux d’un ciel décoloré d’où les oiseaux et les nuages sont bannis.
Je devins esclave de la faculté pure de voir, esclave des mes yeux irréels et vierges, ignorants du monde et d’eux-mêmes.
Puissance tranquille.
Je supprimai le visible et l’invisible, je me perdis dans un miroir sans tain.
Indestructible, je n’étais pas aveugle.




IL FALSO SPECCHIO
Magritte



Dapprima, un grande desiderio mi aveva preso di solennità e di apparenza.
Avevo freddo.
Tutto il mio essere vivente e corrotto aspirava alla rigidità e alla maestà della morte.
Dopo fui tentato da un mistero dove le forme non giocavano alcun ruolo.
Singolarità di un cielo incolore dove gli uccelli e le nuvole sono banditi-
Divenni schiavo della sola facoltà di vedere, schiavo dei miei occhi irreali e vergini, incosciente del mondo e di me stesso.
Potere tranquillo.
Cancellai il visibile e l'invisibile, mi persi in un falso specchio.
Indistruttibile, non ero più cieco.

giovedì 29 agosto 2019

THE WOMEN/ LE DONNE

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THE WOMEN
by J. Mae Barizo

An evening of expected rain. Out the window clouds lifted
their skirts and the wind poured in. We were the mothers
lingering over the dessert tray, placing the sweets in our
mouths, one by one. We were the soothers and givers,
keepers of children and men. Those days, our skin bunched
up at the bra line, eyelids gathering like crinoline as it folds.
Yet standing there at the table, there was nothing in the world
we were in want of, not even the loves that had escaped us.
Whatever we suffered, we let go of willingly. To know we
were not the same women as before did not pain us. When
the others spoke their voices swept over us like bees hovering
over lilacs. Outside, lights strobed over the Hudson; we watched
a white boat riding the crest of a wave, headed to the sea. We
felt an ache we realized was happiness, almost unbearable.


LE DONNE
di J. Mae Barizo

Una serata in attesa di pioggia. Oltre la finestra le nubi sollevavano
le loro sottane e così il vento giungeva forte. Noi eravamo le madri
ferme al vassoio dei dolci, che ponevano i dolci nella
loro bocca, uno ad uno. Noi eravamo le consolatrici, quelle che
davano, quelle che curavano bambini ed uomini.
In quei giorni, la nostra pelle stropicciata all'altezza del reggiseno,
le palpebre socchiuse come crinolina quando si piega.
Tuttavia, ferme lì a quel tavolo, non c'era nulla al mondo
che ci mancasse, tanto meno gli amori che erano fuggiti via da noi.
Qualsiasi fosse la pena che ci aveva attraversato, la lasciammo
andar via volontariamente. Per sapere che non eravamo
le stesse donne che eravamo prima di essa. Quando
gli altri parlavano le loro voci si spandevano su di noi come api
volteggianti su lillà. Fuori, le luci lampeggiavano sull'Hudson; noi
guardammo una barca bianca cavalcare la cresta di un'onda, diretta
al mare. E provammo  un dolore che capimmo essere felicità,
quasi insopportabile.

Traduzione di Ipazia

lunedì 26 agosto 2019

HORCYNUS ORCA di Stefano D'Arrigo, " L'affarecinese di Caitanello Cambrìa"




HORCYNUS ORCA di Stefano D'Arrigo, " L'affarecinese di Caitanello Cambrìa"







  Sdiluviato di spruzzi, il corpo a sconquasso, tutto mammalucchito, se ne calò nella lancitta, toccandosi e massaggiandosi fianchi,spalle e collo, dove si sentiva tutto in dolenzia. Abbassando gli occhi, ormai se n'era scordato, si vide fra le gambe, ancora all'aria, l'affarecinese, assinuato scuroscuro sopra il legno come una murena di scoglio...

  A capo sotto, avvicinandoci gli occhi sopra, se l' osservava là, in mezzo all'anche, fra incredulo e cusioso, come si scandaliasse allora allora di quell'essere strano ed enimmatico che viveva incorporato a lui, però come per conto suo, davero straneo. Se l'osservava e quello che vedeva: quel pesciazzo dissossato, finto affumicato, ranunchiato pieghepieghe, quel pesciazzo una volta, assai assai per l'indietro, se ne stava aqquattato li fra le sue gambe come nello spacco di uno scoglio, specie di murena pronta a avventarsi allo scoperto non appena s'aggirava nei paraggi dello scoglio il boccone di cui il pesciazzo era alliccoso. Ma ora, ora, il pesciazzo d'una volta se ne stava tutto assonnacchiato del sonno dei vecchi, mortizzo mortizzo, che a guardarlo bene faceva perfino senso...

  Se lo guardava tra le gambe e si sentiva vergogna, riserntiva la vergogna, risentiva la vergogna del vecchio. A che mi ridussi...si mormorava. A che ci riducemmo...gli mormorava.

mercoledì 21 agosto 2019

HORCYNUS ORCA, di Stefano D' Arrigo, don Ferdinando Currò inteso Noè


HORCYNUS ORCA non è un libro, o meglio, non è solo un libro: è lo strittu, è scill'e cariddi, è vita e, inevitabilmente, morte. E la vita, come lo strittu, è difficile e misteriosa, solcata da correnti impreviste, da maree irresistibili, abitata da mostri subacquei, sconvolta dallo scirocco africano,
In una delle molte storie che vanno a comporre Horcynus si staglia la ieratica figura di don Ferdinando Currò inteso Noè, vecchio , vecchissimo pescatore cariddino , eroico salvatore di molte vite durante il terremoto e maremoto di Messina. Esperto conoscitore di pescispada, di venti , di mari, ormai fattosi vecchio vive solo per riassaporare l'odore e il sapore del suo mare. A lui i pescatori di Cariddi si rivolgono come ad un oracolo di sale per conoscere i giorni migliori per la caccia al pescespada.
 Una figura alla Aureliano Buendìa dei Cento giorni di solitudine di marquesiana memoria...



 Al chiuso Noè moriva: doveva odorare il mare vivo vivo, sennò moriva. Lo dovevano mettere all' aperto in ogni stagione e se diluviava, lo dovevano mettere almeno dietro l'uscio, nel vano della porta mezz' aperta. la più parte delle notti d'estate non voleva essere smosso di dove stava, tuttalpiù, sua nipote Catina, se sentiva l'aria rugiadosa, gli metteva sulle spalle una coperta, perché la mattina non si trovasse bagnato sino alle ossa dall'acquazzina del sereno.
  ....Aveva più di ottantanni e pesava più di un cantàro; era staturatissimo e quanto a forza, sino all' ultimo che si era retto in piedi, se si piantava in mezzo a una palamitara, gli avrebbero potuto sciogliere sulle spalle la velatura, senza che ci fosse gran differenza tra l'albero e lui.


 ... Da dieci, quindici anni, come l' avesse ormai incorporata, era così gonfio di nefrite da non poter poggiare i piedi per terra, quasi cieco e sordo, era ormai una massa di vecchia carne salata che si asciugava e seccava al sole. La salsedine di cui si era imbevuto in tanti anni, gli risaliva a galla svaporando sulla faccia, sulle mani, sui piedi: il sale si spolverava sulla sua pelle, specie nell' orbita degli occhi, fra dito e dito, dietro e dentro gli orecchi, ed era come se quel poco di sale che gettava ogni giorno, lo conservasse imbalsamato.

 ... Difatti l'inquietamento benigno di don Ferdinando significava che quella notte  gli era arrivata una prima avvisaglia di scirocco, di quello fatto apposita per incotturiare d'amore e chiamare al suo destino lo spada, e significava che il pulcinella era per via, e assai vicino pure, forse alle Isole, sempre più mammalucchito dal levante e ponente della sua fatalità: perché, se Ferdinando Currò dava quei segni, si spuliciava tutto come se uscisse dal letargo, ci potevano puntare che quello era scirocco a doppio gusto, di levante e di ponente.
  Lo scirocco non è vento fedele di carattere, vento sempre a una faccia  e sempre netto di faccia, non è, tanto per dire, greco o maestro. che persino un muccuso  alla fine ci sa leggere. Lo scirocco è vento africanazzo su cui non si può fare il minimo assegnamento perché il nome è uno e le razze sono tante....
  ...Per questo ci vuole l'indovino, ci vogliono vecchi che hanno rughe di ottantanni, pieghe strette e profonde come nascondigli nella memoria, per cui riescono a calamitarlo e a spremerne il succo, biondo e nero, perché i vecchi pellisquadre, i mummioni seduti tutto il giorno in faccia al mare, lo scirocco  se lo desiderano come il trinciato forte,, non possono più farne a meno di quel veleno, che prima li risuscita, li ringiovanisce magari di dieci, ventanni, , e poi li lascia più morti di prima.





















Fatalmente sorgeva alla mente il confronto  con quell'Ercole mustacciuto, sulla quarantina, che nel Ventottodicembre lottava con cavalloni alti come montagne, che fra rimbombi e boati gli rovinanavano sopra, per strappargli i muccuselli che salvava a quattro a quattro, a intere bracciate, aggrappati al suo collo, tanti passerelli sdiluviati che posava sopra i rami delle limonare e delle olivare, per le rasole di Spartà dove si potevno dire al sicuro: tanti, che a contarli uno per uno e ritrovarli oggi pellisquadre e padri di famiglia, tutti i muccusi che salvò allora, si poteva dire veramente che don Ferdinando Currò aveva salvato la razza cariddota., 
Il maremoto si ruppe le corna conlui. Il mare si alzava impennandosi sino all' altezza della rocca di Scilla e delle volte, quel cavallone pazzo, schiumante, si ergeva sino all' Aspromonte, eruttando lassòpra grandi masse di lava argentate che erano interi banchi di cicirella sollevati dal' abisso,e poi di lassòpra, con spaventevole scotrumbo, si precipitava sopra marine e alture, sommergendo villaggi  e paesi: Ferdinando scompariva ogni volta alla vista, ma ogni volta, schiumando di rabbia, il cavallone tempestoso rinculava dai piedi di quel gigantomo fatato, come dal tronco di un albero incrollabile, dai rami carichi di muccuselli, stretti abbracciati aggrappati, che vi avevano trovato scampo.
  E ora eccolo là, quell' Ercole, là, sulla sedia, che si sbavava per una stampa di scirocco: col cavallone pazzo della vecchiaia, nemmeno lui poteva farci nulla.

sabato 17 agosto 2019

Frammenti di poesia tradizionale giapponese / Yo o umi shizumihatete ya .....









Yo o umi ni  shizumihatete ya yaminamashi
      watasumi no  nori fune nakariseba


Per certo saremmo morti affogati nelle acque agitate
      di questo mondo di dolore se la nave del Dharma non
      ci avesse portato su quest vasto mare.




 Kokoro yori musubi okikeru shimo nareba
       omoitoku hi ni nokorazarikeri

Poiché  il pesante ghiaccio dell' ignoranza era stato da noi creato
      di sicuro si scioglierà nel calore di questo sole, senza lasciare alcuna traccia.










lunedì 29 luglio 2019

LISBOA, di Adilia Lopes, traduzione Sara Cavarero.



  Adilia Lopes è una poetessa e traduttrice portoghese. Questa poesia è tratta dalla raccolta  Dobra -Poesia Reunida 1983 -2007 (Assirio & Alvim - Grupo Porta Editorial). Traduzione  di Sara Cavarero.





LISBOA


Cidade branca
semeada
de pedras

Cidade azul
semeada
de céu

Cidade negra
como um beco

Cidade desabitada
como um armazém

Cidade lilás
semeada
de jacarandás
Cidade dourada

semeada
de igrejas

Cidade prateada
semeada
de Tejo

Cidade que se degrada
cidade que acaba


Città bianca 
seminata 
di pietre

Città azzurra
seminata 
di cielo

Città nera
come un vicolo

Città disabitata
come un magazzino

Città lilla
seminata
di jacaranda

Città dorata
seminata
di chiese

Città argentata
seminata 
di Tago

Città che si consuma
città che finisce.


domenica 28 luglio 2019

MIMESIS




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MIMESIS
BY FADY JOUDAH

My daughter
                                  wouldn't hurt a spider
That had nested
Between her bicycle handles
For two weeks
She waited
Until it left of its own accord

If you tear down the web I said
It will simply know
This isn't a place to call home
And you'd get to go biking
She said that's how others
Become refugees isn't it?

MIMESI

Mia figlia
                                  non ha ucciso un ragno
Che aveva fatto il nido
Sul manubrio  della sua bicicletta
Per due settimane
Ha atteso
Finché non se n'è andato via da solo

Se tu strappi la ragnatela le dissi
Egli saprà
Che questo non è un posto che può chiamar casa
E tu potresti andare in bici
Lei disse che è così che le persone
diventano rifugiati, non è vero?

Traduzione di Ipazia
NdT : Nella versione inglese il ragno è IT, nella versione italiana è EGLI

DIGNITA' A TUTTI GLI ESSERI VIVENTI