mercoledì 30 giugno 2010

Continua... The Poetry of Madness


 Mr, Marcus  afferma che lo psicotico deve esprimere se stesso dentro la prigione del linguaggio. Forse per questo le affermazioni degli psicotici non hanno senso per Mr. Marcus. Lo psicotico è volato via dalla prigione del linguaggio, mentre Mr. Marcus, uomo fortunato, ancora vi risiede. Lo psicotico ha veramente fatto del suo linguaggio uno strumento. Le parole significano ciò che egli intende dire. Per essere sicuro, egli è spesso incomprensibile per il resto del mondo, ma comprende perfettamente quel che dice.
 Spesso comunica abbastanza bene con gli altri pazienti. Le affermazioni  dello psicotico sono simboliche, nonchè specifiche. Le frasi brulicano di allusioni. Le parole sono ridefinite nei termini del loro significato originale e investite di un significato speciale in caso di necessità.
...In aggiunta, vorrei dire a Mr.Marcus che la società non imprigiona lo psicotico  a causa del disgusto per il suo comportamento eccentrico. Io penso sia a causa di due ragioni differenti. La vista del dolore è sia intollerabile che pericolosa nella casa di carta costruita sulla felicità, tenuta insieme dalla eazionalizzazione e dall' autoinganno, in cui i sani vivono. Inoltre, i valori umanitari che la società sostiene di sottoscrivere risulterebbero falsi se fossimo costretti a vedere come ci comportiamo con persone che soffrono un dolore intollerabile. La visione di un simile dolore offenderebbe profondamente la nostra sensibilità umanitaria.
 Nella tradizione dell' uso psicotico del linguaggio raccomanderei di rigettare del tutto il termine psicotico e di sostituirlo con la parola dolore per la sua condizione.
 Questo è quello di cui soffrono.

Dovrei, suppongo, scusarmi per la lunghezza di questa lettera e forse anche per la sua mancanza di chiarezza, ma sto guarendo. ho perso il mio tocco linguistico. Sono quasi tentato  di riprendere  il mio umorismo psicotico per chiarire il mio punto di vista ma mi trattengo. Ho tentato di limitarmi ad un solo linguaggio. E' molto difficile.

YPSILANTI: La poesia della follia ( THE POETRY OF MADNESS)

PHOTO BY WWW. OPACITY.US


 In risposta ad un articolo di Steven Marcus, apparso su The New York Review of Books del  11 giugno 1964, che si occupava dei Tre Cristi di Ypsilanti e del rapporto della poesia con la follia ( e viceversa),  è apparsa sullo stesso giornale una lettera molto toccante di un anonimo:
" Vorrei aggiungere una nota di follia alla discussione di Steven Marcus circa la poetica della follia...
Sono rimasto colpito dalla sensibilità di Mr. Marcus verso il linguaggio psicotico ma è come se lo leggesse senza una pietra di Rosetta e in un certo qual modo non coglie il segno. Sebbene gli esempi che Mr. Marcus porta confermino la sua descrizione di  una " qualità incisiva, epigrammatica e paradossale", questa non è la sola cosa che il linguaggio degli psicotici abbia in comune con la poesia, e, non è, sospetto, quel che è poetico in quel linguaggio.
 Quando parla uno psicotico, parla con precisione assoluta, e scegliendo una parola che renda precisamente il suo pensiero, quella parola allora riecheggia linguisticamente e unisce molte parole e pensieri dentro di sè con una moltitudine di idee, concetti e sentimenti. E' questa la condizione della vita emozionale ed intellettuale di uno psicotico e così questo è ciò che il suo linguaggio deve esprimere. Questo uso multiforme del linguaggio con la sua apparente contraddizione tra precisione e confusione è quel che caratterizza il linguaggio psicotico. Non posso giudicare se caratterizzi anche la poesia. Sospetto di sì.

...Ricordo che durante il mio ultimo ricovero di aver affermato di parlare tre lingue in una. Un infermiere mi disse, " Capisco che lei parli tre lingue in una sola, ma io ne parlo solo una per volta. Se vuoi che ti comprenda, dovrà limitarsi ad  una". E' questo uso del linguaggio che sintetizza molti strati del pensiero, l' uso di una parola per rendere molti significati, che ingombra la comunicazione tra gli piscotici e la società, sebbene derivi in parte da uno sforzo molto serio per comunicare. Potrebbe  essere proprio questa qualità nell' uso poetico del linguaggio a separarlo dalla società, e che lo rende al tempo stesso un poeta.

...In un articolo di Harper's magazine sulla malattia mentale di qualche anno fa, l' autore, uno psichiatra, cita  l' affermazione di un malato," Io vivo dietro una lastra di vetro". L' articolo finiva con questa affermazione," Il nostro lavoro è rompere quella lastra". Rimasi colpito da questa citazione perchè a quel tempo , in un ospedale psichiatrico,avevo  detto la stessa cosa quando un membro dello staff mi aveva chiesto cosa ci fosse di sbagliato in me. Non  sono sicuro  che il paziente citato nell' articolo volesse  dire la stessa cosa che volevo dire io stesso, ma vorrei spiegare il mio punto di vista: l' affermazione, se vogliamo darle il giusto significato, dice ," Io vivo dietro una lastra di vetro di dolore". Non solo Beckett  e Blake dovrebbero essere consultati per comprenderne il significato psicotico. Joyce ci fornisce migliori indizi per la comprensione del difficile gioco di parole psicotico. Ma la somiglianza con Joyce non sta solo  nel gioco di parole, ma  anche nelle circonvoluzioni del significato. Lo psichiatra mostra di aver male interpretato la frase quando afferma che dobbiamo rompere il vetro. Rompere il vetro significherebbe lasciare il paziente, per prima cosa, senza la sua pelle reinterpretata, anche se pelle infelice. La cosa migliore per il paziente che vive dietro o dentro una lastra di dolore, è naturalmente, aiutarlo a muoversi dolcemente all' interno del suo  dispositivo protesico, e si spera, di trovare un qualche balsamo per la lastra. Si potrebbe anche tenere  pulito il vetro.
 Forse dei tergicristalli.

Continua...

Othello, Iago: I am not what I am...

Perchè ancora Iago? Forse perchè Iago è un uomo  che crede sommamente nella parola, nel potere indefinibile della parola.
  Notare come la macchina da presa stringe su Iago mentre si appresta a pronunciare: "I am not..."




SCENE I. Venice. A street.

Enter RODERIGO and IAGO
RODERIGO
     I take it much unkindly
     That thou, Iago, who hast had my purse
     As if the strings were thine, shouldst know of this.

IAGO
      I know my price, I am worth no worse a place.
      he one Michel      Cassio, a Florentine,
      must his lietenant be
      And I, of whom his eyes had seen the proof
      And I — God bless the mark! — his Moorship's ancient.

RODERIGO
     By heaven, I rather would have been his hangman.

IAGO
     Why, there's no remedy; 'tis the curse of service,

 RODERIGO
     I would not follow him then.

IAGO
      O, sir, content you;
      I follow him to serve my turn upon him.
      We cannot all be masters, nor all masters
      Cannot be truly follow'd. You shall mark
      Heaven is my judge, not I for love and duty,
      But seeming so, for my peculiar end:

      I am not what I am.

 RODERIGO
     What a full fortune does the thick-lips owe
      If he can carry't thus!

 IAGO
     Call up her father





martedì 29 giugno 2010

CHICKEN, SHADOW, MOON & more,M. Strand, ed. L'Obliquo

OMBRA

 1)   L' ombra di Napoli
 2)   L' ombra delle strofe che aspettano
 3)   L' ombra della luce diurna è assenza 
 4)   L' ombra del caos è ordine
 9)   L' ombra di un sogno è un altro sogno
10)  L' ombra dentro a un sogno è infinita
12)  L' ombra del rimpianto è tragedia
13)  L' ombra dell'amore è lutto
17)  Ritorna, ombra della mia gioventù
20)  Anche la poesia più fulgida è popolata di ombre
21)  L'ombra della madre , l'ombra del padre

                                                                            photo Vintage works
                                                                                                                     Stanko  Abadzic
                                                       
   da POLLO, OMBRA, LUNA & ALTRO
A cura di Damiano Abeni con Moira Ergan 

domenica 27 giugno 2010


Bentornato blog!

Erano quindici giorni che non postavo nulla, dato che Iago era scomparso e non potevo certo postare senza avere sue notizie!
Spero di non annoiarvi ritornando sull'argomento del rispetto verso gli animali.
Sapete, ieri ho visto un vecchio film in bianco e nero del 1939 che segnò il debutto holliwoodiano di Ingrid Bergman. Il film si intitola Intermezzo e racconta la grande storia d'amore tra un violinista superfamoso (sposato) e l'insegnante di piano di sua figlia piccolina.
Il tutto condito da grandi sensi di colpa sia di lui che di lei che, infatti, alla fine, lo lascia. Inutile dire che lui tornerà dalla moglie e dai figli.

Vi chiederete, a questo punto, che c'entra questo con gli animali.

Beh, a un certo punto, c'è una scena in cui il violinista dà da mangiare ad un meraviglioso grande pappagallo bianco, chiuso in una gabbia poco più grande di lui.
La gabbia non gli consentiva di volare nè di spostarsi un po' sull'asta su cui poggiava.
Ancora adesso, mentre lo scrivo, mi viene il mal di stomaco solo a pensarci.
Sono sicura che, se avessi visto il film solo qualche anno fa, mi avrebbe dato molto meno fastidio.
E la scena, in un film che aveva per protagoniste persone molto sensibili, degli artisti!, era considerata assolutamente NORMALE.
Era normale, anche per un uomo oltremodo sensibile, togliere la libertà ad un animale.
E invece, purtroppo, non è per niente normale.
Ed è per questo che sto cercando di diventare vegetariana, con scarsi risultati, al momento. (Sono troppo condizionata dai condizionamenti!)
Ma adesso basta, vi lascio una mia poesia che fa parte del mio secondo libro di poesie (non ancora pubblicato) (case editrici cercansi):


15/06/08

Il respiro del mio cane
accompagna il mio
lui sospira
sospiro anch'io
siamo entrambi fatti
di gioia e sofferenza
di ossa vene e sangue
entrambi attendiamo
la persona amata
entrambi mangiamo
se abbiamo fame
e spesso
mi ritrovo ad esser muta
proprio come lui
coi pensieri congelati
incapaci a diventar parole
il respiro del mio cane
accompagna il mio
lui sospira
sospiro anch'io.

GiuseppeCesaroPoeta ", e solo la pioggia può bagnare le lacrime di Marilù"

Presenterò la poesia a un vecchio amico
che me l 'ha chiesto...
il tempo è volato via
e non ce ne siamo nemmeno accorti
E il mondo di oggi-caro fiume ci appare estraneo
o forse mi sono perso
per cercare quel quarto d'ora di pubblicità
o tutti siamo finiti in una selva
con specchi storie
e solo la pioggia
può bagnare le lacrime di Marilù.

                                                                                       

photograph: Daniel Beherulac

sabato 26 giugno 2010

DOLORE di Mark Strand

papà2

testa mozzata del brigante Gasparone
Museo criminologico Torino
.
Negli hotel del dolore gli ospiti piangono sempre

Nei negozi del dolore non va bene niente e tutto costa troppo

Negli aeroporti del dolore tutti i voli sono stati cancellati

I giorni del dolore sono ombrosi e profondi

I cimiteri del dolore sono luoghi felici ma vuoti

Il dolore lo si può comprare, ma di solito è gratis

IAGO E' TORNATO



Non bastava quel geloso di Otello, quella civetta di Desdemona, la guerra contro i Turchi, fazzoletti persi e ritrovati... ci voleva pure il morbillo!!!

filmato YOUTUBE di Branrose 24

venerdì 25 giugno 2010

Henrik Nordbrandt: Il nostro amore è come Bisanzio

Sempre da Donzelli Editore un altro grande poeta, danese questa volta: Henrik Nordbrandt.

Il nostro amore è come Bisanzio
dev'essere stata
l'ultima sera. Dev' esserci stato
immagino
un alone sui volti
di chi si affollava nelle vie
o sostava in piccoli gruppi
agli angoli delle strade e nelle piazze
e parlava a bassa voce
un alone che doveva ricordare
quello che ha il tuo volto
quando ne scosti i capelli
e mi guardi.

                                                     

Eating Poetry Mangiare Poesia

Ink runs from the corners of my mouth.
There is no happiness like mine.
I have been eating poetry.

The librarian does not believe what she sees.
Her eyes are sad
and she walks with her hands in her dress.

The poems are gone.
The light is dim.
The dogs are on the basement stairs and coming up.

Their eyeballs roll,
their blond legs burn like brush.
The poor librarian begins to stamp her feet and weep.

She does not understand.
When I get on my knees and lick her hand,
she screams.

I am a new man.
I snarl at her and bark.
I romp with joy in the bookish dark.









Cola inchiostro dagli angoli della mia bocca.
Non c'è felicità pari alla mia.
Ho mangiato poesia.

La bibliotecaria non crede ai suoi occhi.
Ha gli occhi tristi
e cammina con le mani chiuse nel vestito.

Le poesie sono scomparse.
La luce è fioca.
I cani sono sulle scale dello scantinato, stanno salendo.

Gli occhi ruotano le orbite,
le zampe chiare bruciano come stoppia.
La povera bibliotecaria comincia a battere i piedi e a piangere.

Non capisce.
Quando mi inginocchio e le lecco la mano,
urla.

Sono un uomo nuovo.
Le ringhio, abbaio.
Scodinzolo di gioia nel buio libresco.

Trad. natàlia castaldi, 2009

sabato 12 giugno 2010

Ho visto anche degli Zingari Felici - Claudio Lolli

http://www.malinconicoblues-vinile.it/

ASPETTANDO IAGO.........


HO VISTO ANCHE DEGLI ZINGARI FELICI (1976)
(Testo e musica : Claudio Lolli)
Ed : Ed. EMI Music Publishing Italia Srl

E siamo noi a far ricca la terra
noi che sopportiamo
la malattia del sonno e la malaria
noi mandiamo al raccolto cotone, riso e grano,
noi piantiamo il mais
su tutto l'altopiano.
Noi penetriamo foreste, coltiviamo savane,
le nostre braccia arrivano
ogni giorno più lontane.
Da noi vengono i tesori alla terra carpiti,
con che poi tutti gli altri
restano favoriti.
E siamo noi a far bella la luna
con la nostra vita
coperta di stracci e di sassi di vetro.
Quella vita che gli altri ci respingono indietro
come un insulto,
come un ragno nella stanza.
Ma riprendiamola un mano, riprendiamola intera,
riprendiamoci la vita,
la terra, la luna e l'abbondanza.
E' vero che non ci capiamo
che non parliamo mai
in due la stessa lingua,
e abbiamo paura del buio e anche della luce, è vero
che abbiamo tanto da fare
e che non facciamo mai niente.
E' vero che spesso la strada ci sembra un inferno
o una voce in cui non riusciamo a stare insieme,
dove non riconosciamo mai i nostri fratelli.
E' vero che beviamo il sangue dei nostri padri,
che odiamo tutte le nostre donne
e tutti i nostri amici.
Ma ho visto anche degli zingari felici
corrersi dietro, far l'amore
e rotolarsi per terra.
Ho visto anche degli zingari felici
in Piazza Maggiore
ubriacarsi di luna, di vendetta e di guerra.

giovedì 10 giugno 2010


Oggi voglio insistere sull'argomento riguardante il rispetto per gli animali e per la loro vita.
Cercavo questa poesia di Wislawa Szymborska da molto tempo. Non la trovavo perchè non trovavo il libro che la contiene che è "Vista con granello di sabbia".
Wisława Szymborska è nata a Bnin Kòrnik in Polonia, il 2 luglio 1923.
Premiata con il Nobel nel 1996, era fino ad allora poco nota in Italia.
Ma il Nobel le ha dato molta notorietà ed ha fatto sì che tutte le sue opere (almeno quelle poetiche) venissero tradotte.
A me è molto simpatica perchè è una persona molto anticonvenzionale, molto diretta, un po' fuori dai circuiti ufficiali della poesia.
Le sue scelte stilistiche includono sia un linguaggio molto semplice, diretto, sia il verso libero in cui affiora molto spesso l'ironia.
In Polonia, i suoi volumi raggiungono cifre di vendita pari a quelle dei testi di autori "classici".
Una volta le chiesero se la poesia può occuparsi di storia.
Ella rispose che la poesia non solo può occuparsi di storia ma che, inevitabilmente, lo fa, dato che essa utilizza un linguaggio che ricava la sua forma esatta sia dallo spazio che dal tempo in cui nasce.


La crudeltà verso gli animali è tirocinio della crudeltà contro gli uomini.
Publio Ovidio Nasone ( 43 a .c.-17/18 d.c.) - poeta latino


Visto dall'alto

Su un viottolo giace uno scarabeo morto.
Tre paia di zampette ripiegate con cura sul ventre.
Invece del disordine della morte - ordine e pulizia.
L'orrore di questo spettacolo è moderato,
la sua portata locale, dalla gramigna alla menta.
La tristezza non si trasmette.
Il cielo è azzurro.

Per nostra tranquillità - gli animali non muoiono
ma crepano per così dire d'una morte più piatta,
perdendo - vogliamo crederlo - meno sensibilità
e mondo,
uscendo - così ci pare - da una scena meno tragica.
Le loro animucce mansuete non ci ossessionano
la notte,
mantengono la distanza,
conoscono i mores.

E così questo scarabeo morto sul viottolo
brilla non compianto verso il sole.
Basta pensarci per la durata di uno sguardo:
sembra che non gli sia accaduto nulla d'importante.
L'importante, pare, riguarda noi.
Solo la nostra vita, solo la nostra morte,
una morte che gode d'una forzata precedenza.


martedì 8 giugno 2010

Le bestie non sono così bestie come si pensa
Molière, Anfitrione, 1668

Forse l'unica cosa in cui siamo migliorati noi umani è la percezione del fatto che gli animali hanno il diritto di vivere, di vivere tutta la loro vita proprio come noi.
Togliere la vita ad un animale equivale a crederci il suo dio, a crederci padroni della sua vita.
Quando ero giovane non percepivo le sofferenze degli animali, forse perchè ero troppo occupata a percepire le mie.
Ora, che sono grande, le percepisco tutte e mi rende rabbiosa vedere il pianeta azzurro aggredito in continuazione dalla razza umana.
A tal proposito, voglio segnalarvi il poeta Camillo Sbarbaro (Santa Margherita Ligure 1888- Savona, 1967)
La cosa che mi colpì quando sentii parlare di lui per la prima volta fu la sua passione per i licheni.
La sua importante collezione di licheni è stata da lui stesso donata al Museo di Storia Naturale di Genova. Molti campioni da lui raccolti e catalogati sono custoditi presso musei botanici e dipartimenti universitari europei ed americani. Molto importante il suo contributo alla collezione del Field Museum di Chicago. Delle 127 nuove specie descritte da Sbarbaro, una ventina porta il suo nome.
Egli fu botanico appassionato ed appassionato poeta e i due aspetti della sua personalità si mescolarono e si fusero.
Nei suoi versi sempre ricompare la natura, quella, soprattutto della sua Liguria, da cui non volle mai staccarsi.


Molti, la natura li disturba. I più non la vedono. In lei io mi verso. E' la sola costanza, la sola fedeltà che conosco nell'incertezza di tutto.


Capisco, adesso, perché questa passione
ha attecchito in me così durevolmente:
rispondeva a ciò che ho di più vivo,
il senso della provvisorietà.
Sicché, per buona parte della vita, avrei raccolto,
dato nome, amorosamente messo in serbo....
neppure delle nuvole o delle bolle di sapone
- che per un poeta sarebbe già bello;
ma qualcosa di più inconsistente ancora:
delle effervescenze, appunto.
C. Sbarbaro. "Licheni"



Il mio cuore si gonfia per te, Terra,
coma la zolla a primavera.
Io torno.
I miei occhi son nuovi. Tutto quello
che vedo è come non veduto mai;
e le cose più vili e consuete,
tutto m’intenerisce e mi dà gioia.

In te mi lavo come dentro un’acqua
dove si scordi tutto di se stesso.
La mia miseria lascio dietro a me
come la biscia la sua vecchia pelle.
Io non sono più io, io sono un altro.
Io sono liberato di me stesso.

Terra, tu sei per me piena di grazia.
Finché vicino a te mi sentirò
così bambino, fin che la mia pena
in te si scioglierà come la nuvola
nel sole,
io non maledirò d’esser nato.

Io mi sono seduto qui per terra
con le due mani aperte sopra l’erba,
guardandomi amorosamente intorno.
E mentre così guardo, mi si bagna
di calde dolci lacrime la faccia.
"Pianissimo" 1914/1954


http://www.cisniar.it/il_mondo_dei_licheni.htm

MARK STRAND: BIOGRAFIA E BIBLIOGRAFIA

Per la biografia ovviamente vi rimandiamo a: Wikipedia Mark Strand, qui è ovviamente eccezionale anche la bibliografia.
 Per brevità scriviamo qui la bibliografia presa dalle note del libro L' Inizio di una Sedia, Donzelli Editore:

Poesia
Blizzard of One, 1998
Dark Harbor, 1993
Reasons for Moving, Darker  &  The  Sargentville Notebook,1992
The Continuos Life, 1990
Selected Poems, 1980
The Late Hour, 1978
The Story of Our Lives, 1973
Darker,1970
Reasons for Moving, 1968
Sleeping with One Eye Open,1964

Prosa
Mr. and Mrs. Baby, 1985
The Monument, 1978

Saggistica
The Weather of Words. Writings on Poetry and the Imagination, 2000

Traduzioni
Travelling in the Family, 1986 ( Poesie di Carlos Drummond de Andrade, con Thomas Colchie)
The Owl's Insomnia , 1973 ( Poesie di Rafael Alberti)

Scritti sull' arte
Edward Hopper. 1993
William Bailey, 1987
Art of the Real, 1983

Libri per bambini
Rembrandt Takes a Walk, 1986                                                
The Night Book, 1985The Planet of Lost Thing, 1982

Antologie
The Golden Ecco Anthology, 1994
Best American Poetry, 1992
Another Republic ( con Charles Simic), 1976
New Poetry of Mexico ( con Octavio Paz), 1970
The Contemporary American Poets, 1969

ASPA Anguillara aiuta tutti gli animali, anche quelli che non cantano...

Questo è Spot, Macchia, Duck
e vi invita a sostenere:
http://www.aspaanguillara.org/

lunedì 7 giugno 2010

Antologia Palatina... che se deve fà pe tirà su du lettori


Dolce s' allegra la coppa:mi  dice che sfiora la bocca/ 
 garrula di Zenòfila amorosa.
Fortunata! Così nel palpito- labbro su labbro/
mi bevesse quest'anima  d'un fiato!


da   Antologia Palatina,
      Meleagro, La bocca
      Einaudi Tascabili 
      a cura di Guido Davico Bonino
    

I, the dog they call Spot, was about to sing.

I, the dog they call Spot, was about to sing...


..." A dog' s sublimity is never news,"
He said, " what's another poet in the end?"

..That's when I, the dog they call Spot,began to sing.







  foto dell' autore da piccolo...




Io, il cane che chiamano Macchia, stavo per cantare. L'autunno
era arrivato, i sentieri avevano lentiggini di foglie, e un vuoto
appannato dalla luce lunare strisciava sul fondovalle.
Volevo salire sul colle dei poeti, prima che arrivasse l'inverno;
volevo tessere le lodi dell' anima. Il mio vicino mi disse
di non sprecare il tempo. Già  il gelo s' era addensato
e il vento del nord, trascinando lo staffile del suo stesso urlo,
si schiacciava sulla casa. " La sublimità di un cane non fa mai
notizia",
disse, "in fondo, che cos'è un altro poeta?"
E io restai nella valle a mezzanotte, a guardare i vasti campi di
stelle
luccicare e fiorire nei sospirati anfratti del firmamento.
Fu allora che io, il cane che chiamano Macchia, cominciai a
cantare. 

Tratto da FIVE DOGS , Il futuro non è più quello di una volta, a cura di Damiano Abeni, Edizioni minimum fax, Euro 10

sabato 5 giugno 2010

IL RITORNO DI ULISSE

                        Giorgio de Chirico
                                    Le retour d' Ulysse                                                                     

Da subito ho visto La Storia delle Nostre Vite come una Odissea in miniatura, un' Odissea sul divano, on the couch.
 E Mark Strand, naturalmente , un nuovo Omero.
« Ἄνδρα μοι ἔννεπε, Μοῦσα, πολύτροπον,ὃς μάλα πολλά
πλάγχθη, ἐπεί Τροίης πτολίεθρον ἔπερσεν », Narrami, o Musa, di quell' uomo dal multiforme ingegno...
 E se  Odisseo viaggia per innumerevoli mari, qui invece restiamo immobili a contemplare quello che il Libro narra, perchè tutto è già nel Libro, la nostra vita è nel Libro, la nostra morte.

Ancora nuvole...Fabrizio de Andrè

                                                                                                          photo by  Gabbruu

                                Vanno
           vengono
                                     ogni tanto si fermano            e quando si fermano                           sono nere come il corvo                                       sembra che ti guardano con malocchio

          Certe volte sono bianche
                                                       e corrono
e prendono la forma dell’airone
                                                                o della pecora
              o di qualche altra bestia
                                     ma questo lo vedono meglio i bambini
che giocano a corrergli dietro per tanti metri

                           Certe volte ti avvisano con rumore
        prima di arrivare
                                                      e la terra si trema            e gli animali si stanno zitti
                  
Vanno                                                      vengono
                  ritornano
                                                  e magari si fermano tanti giorni
     che non vedi più il sole e le stelle
                                                   

 e ti sembra di non conoscere più il posto dove stai. 

THE STORY OF OUR LIVES , MARK STRAND, traduzione A.Panciroli

THE STORY OF OUR LIVES .


Stiamo leggendo la storia delle nostre vite
che si svolge in una stanza
La stanza dà su una strada.
Non c'è nessuno qui,
nessun suono.
Gli alberi carichi di foglie,
le auto parcheggiate non si muovono,
giriamo le pagine, sperando in qualcosa
qualcosa come pietà o cambiamento,
una linea nera che ci unisca
o ci separi.
Il fatto è che, almeno sembra,
il libro delle nostre vite è vuoto.
I mobili della stanza mai cambiati,
i tappeti che diventano più scuri ogni volta
che le nostre ombre passano loro sopra.
E' come se la stanza fosse il mondo,
sediamo fianco a fianco sul divano,
leggendo del divano.
Diciamo che questo è l'ideale.
E' l'ideale.


Stiamo leggendo la storia delle nostre vite
come se ci fossimo dentro,
come se la avessimo scritta.
E' tema ricorrente.
In uno dei capitoli.
Mi giro e metto il libro da parte
perchè il libro dice
che è questo ciò che faccio.
Mi giro ed inizio a scrivere del libro.
Scrivo che voglio andare oltre il libro.
Oltre la mia vita in un' altra vita.
Metto giù la penna.
Il libro dice: mise giù la penna
si girò e la guardò leggere
la parte in cui lei si innamora.
Il libro è più accurato di quanto possiamo immaginare.
Mi giro e ti vedo leggere
dell'uomo dall'altra parte della strada.
Hanno costruito una casa qui,
e un giorno un uomo ne è uscito.
Ti sei innamorata di lui
perchè sapevi che non ti avrebbe mai vista,
non avrebbe mai saputo che lo stavi aspettando.
Notte dopo notte diresti
che egli è come me.
Mi giro e ti vedo invecchiare senza di me,
i raggi del sole sui tuoi capelli d'argento.
I tappeti, i mobili
sembrano ora quasi immaginari.
Lei continuò a leggere.
Sembrava considerare la sua assenza
non particolarmente importante
come chi in un giorno perfetto
considera il tempo un fastidio
perchè non ha cambiato i suoi pensieri.
Stringi gli occhi.
Vorresti chiudere il libro
che descrive la mia resistenza:
come quando girandomi immagino
la mia vita senza di te, immagino  di vivere
un'altra vita, un altro libro.
Il libro descrive la tua dipendenza dal desiderio,
come le momentanee rivelazioni
dello scopo ti facciano paura.
Il libro descrive molto di più di quel che dovrebbe.
Vuole dividerci.


Questa mattina mi sono svegliato ed ho creduto
che non ci fosse altro nelle nostre vite
che la storia delle nostre vite.
Quando a te non piaceva, io segnavo
il punto del libro che non ti piaceva.
Sei tornata a dormire ed ho iniziato a leggere
quelle parti misteriose che tu provavi a indovinare
mentre erano scritte
e non ti interessavano più perchè
ormai erano parte della storia.
In una di esse, freddi abiti di luna
sono abbandonati sopra una sedia nella stanza di un uomo.
Sogna di una donna i cui abiti si sono persi,
che siede in un giardino ed attende.
Lei pensa che l'amore sia un sacrificio.
Il capitolo descrive la sua morte
e lei non è mai nominata,
che è una delle cose per
cui tu non potevi sopportarlo.
Poco più avanti impariamo
che l'uomo che sogna abita
nella nuova casa al di là della strada.
Questa mattina dopo che sei tornata a dormire
ho iniziato a leggere le prime pagine dei libro:
era come sognare dell'infanzia,
così tanto sembrava svanire
così tanto sembrava di nuovo venire in vita.
Non ho saputo che cosa fare.
Il libro dice: In quei momenti era il suo libro.
Una tetra corona si appoggiò scomodamente sulla sua testa.
Egli era il breve sovrano della discordia interna ed esterna
ansioso nel suo proprio regno.


Prima che ti svegliassi
ho letto un altro capitolo che descrive la tua assenza
e racconta come tu dorma per rovesciare
il progredire della tua vita.
Sono rimasto colpito leggendo della mia solitudine
sapendo che quel che provo è la forma nuda
e senza successo di una storia
che potrebbe non essere mai raccontata.
Voleva vederla nuda e vulnerabile,
vederla nel rifiuto, gli intrecci
abbandonati di vecchi sogni, i costumi e le maschere
di irraggiungibili stati.
Era come se egli fosse portato
senza scampo al fallimento.
Era difficile riprendere a leggere.
Ero stanco e volevo smettere.
Il libro sembrava consapevole di ciò.
Suggerì un cambio di argomento.
Aspettavo che ti svegliassi non sapendo
quanto avrei dovuto aspettare
e sembrava che non avrei letto ancora.
Sentivo il vento passare
come una corrente di sospiri
e sentivo il brivido delle foglie
tra gli alberi al di là delle finestre.
Avrebbe dovuto essere nel libro.
Tutto avrebbe dovuto essere nel libro.
Guardavo il tuo viso
e leggevo gli occhi, il naso, la bocca.


Se solo nel libro ci fosse un momento perfetto;
se solo potessimo vivere quel momento,
avremmo potuto leggere il libro un'altra volta,
come se non lo avessimo scritto,
come se non fossimo in esso.
Ma gli oscuri accessi
sono troppo numerosi per ogni pagina
e le possibilità di fuga troppo strette.
Leggiamo tutto il giorno.
Ogni pagina che giriamo è come una candela
che si muove nella mente.
Ogni momento è come una causa persa.
Se solo potessimo smettere di leggere
Lui non volle mai leggere altro libro
e lei continuava a fissare la strada.
Le auto erano ancora là,
le copriva la fitta ombra degli alberi.
Le imposte della nuova casa erano chiuse.
Forse l'uomo che vi abitava,
l'uomo che lei amava, leggeva
la storia di un'altra vita.
Lei immaginava un salone spoglio
un caminetto freddo, un uomo seduto
a scrivere una lettera ad una donna
che ha sacrificato la sua vita per amore.
Se ci fosse un attimo perfetto nel libro
sarebbe l'ultimo.
Il libro non parla mai delle cause dell'amore.
Sostiene che la confusione è un bene necessario.
Non spiega mai. Rivela.


Il giorno continua.
Studiamo quello che ci ricordiamo.
Guardiamo allo specchio oltre la stanza.
Non sopportiamo di essere soli.
il libro continua.
Divennero silenziosi e non sapevano come iniziare
il dialogo che era necessario.
Erano le parole stesse che creavano divisioni,
che creavano solitudine.
Attendevano.
Avrebbero dovuto voltare le pagine, sperando
che accadesse qualcosa.
Avrebbero dovuto ricucire le loro vite in segreto:
ogni sconfitta perdonata perchè non poteva essere messa alla prova,
ogni dolore premiato perchè era irreale.
non fecero nulla.


Il libro non sopravviverà.
noi ne siamo la prova vivente.
E' buio fuori, nella stanza è ancora più buio.
Ti sento respirare.
mi chiedi se sono stanco,
se voglio continuare a leggere.
Si, sono stanco.
Si. voglio continuare a leggere.
Rispondo sì a tutto.
Non puoi sentirmi.
Sedevano fianco a fianco sul divano.
Erano le copie, gli stanchi spettri
di qualcosa che erano stati prima.
Apparivano completamente spossati.
Fissavano il libro
ed erano terrorizzati dalla loro stessa innocenza,
dalla loro riluttanza ad arrendersi.
Sedevano fianco a fianco sul divano.
Erano decisi ad accettare la verità.
Qualunque cosa fosse l'avrebbero accettata.
Il libro avrebbe dovuto essere scritto
e avrebbe dovuto essere letto.
Sono loro il libro e non sono
niente altro.

venerdì 4 giugno 2010

Billie Holiday - Strange Fruit



Oggi voglio raccontarvi la storia di “Strange Fruit”.
“Strange Fruit” è una canzone, nata come straziante testo poetico ad opera di Abel Meeropol, un insegnante ebreo del Bronx, membro del partito comunista americano, ispirato dalla foto che l’autore aveva visto e che lo aveva scosso profondamente, che immortalava l’impiccagione di Thomas Shipp e di Abram Smith a Marion, avvenuta nello Stato dell’Indiana nel 1930.
La foto fu scattata dal fotografo Lawrence Beitler.
Abel Meeropol pubblicò il poema nel 1936 sul New York Teacher , una rivista del sindacato, con lo pseudonimo di Lewis Allan (i nomi dei suoi bambini morti in tenera età) e lo mise in musica egli stesso.
La canzone ottenne un certo successo come canzone di protesta a New York e dintorni.
Meeropol, sua moglie e la vocalist di colore Laura Duncan la eseguirono al Madison Square Garden. In seguito Barney Josephson, il fondatore del Cafe Society nel Greenwich Village, il primo night-club di New York aperto anche ai neri, sentì la canzone e la propose a Billie Holiday che la cantò al Cafe Society nel 1939. La canzone divenne parte integrante delle performance dal vivo di Billie Holiday.
La cantante propose alla sua casa discografica, la Columbia, di registrarla ma essa rifiutò per paura di disordini o di reazioni negative da parte dei soci della Columbia.
Così ella la propose al suo amico Milt Gabler la cui etichetta “Commodore” produceva “alternative jazz”.
La Holiday la eseguì per lui “a cappella” e la canzone commosse Gabler fino alle lacrime.
Ella registrò due sessioni presso l’etichetta Commodore, una nel 1939 e una nel 1944 e la canzone fu molto apprezzata. Nel tempo essa divenne una delle canzoni che vendette di più.
P.S.: Abel Meeropol adottò i due figli di Julius ed Ethel Rosenberg, i coniugi accusati di cospirazione e condannati alla sedia elettrica, negli anni della
Guerra fredda e in pieno Maccartismo, il 19 giugno 1953.
Ma questa è un’altra storia……


L’unica razza che conosco è quella umana. (Albert Einstein)

Strange Fruit
Southern trees bear strange fruit,
Blood on the leaves and blood at the root,
Black body swinging in the Southern breeze,
Strange fruit hanging from the poplar trees.
Pastoral scene of the gallant South,
The bulging eyes and the twisted mouth,
Scent of magnolia sweet and fresh,
Then the sudden smell of burning flesh!
Here is fruit for the crows to pluck,
For the rain to gather, for the wind to suck,
For the sun to rot, for the trees to drop,
Here is a strange and bitter crop.


Strange Fruit
Gli alberi del Sud mostrano strani frutti
Sangue sulle foglie e sangue alle radici
Corpi neri dondolanti nella brezza del Sud
Strani frutti che pendono dai pioppi.
Scene pastorali dal coraggioso Sud
Occhi sbarrati e bocche contorte
Di magnolia dolce e fresco odore
Poi della carne che brucia l’orrore!
Questo è il frutto che beccheranno i corvi
Che la pioggia impregnerà ed il vento scuoterà
Che il sole marcirà e gli alberi lasceranno cadere
Questo è un raccolto strano e amaro da vedere.

Traduzione di Ipazia



http://http//www.youtube.com/watch?v=h4ZyuULy9zs

giovedì 3 giugno 2010

SOLO VENTIQUATTRO...

1. Una nuvola non è mai uno specchio
2. Le parole sulle nuvole sono nuvole loro stesse
3. Se nevica in una nuvola, solo la nuvola lo sa
4. Per ogni nuvola c’è un’altra nuvola
5. Una nuvola sogna solo triangoli
6. Una nuvola è una stagione di bianco
7. Lo sfolgorio delle nuvole è falsità
8. Le nuvole sono state disossate
9. Al museo delle nuvole è esposta solo Biancaneve
10. Le nuvole sono frutta soffice
11. Lo scorrere delle nuvole è come pomeriggio dopo pomeriggio
12. Se un pappagallo si perde in una nuvola diviene arcobaleno
13. Le nuvole sono innamorate degli orizzonti
14. Si parla in una nuvola come in un telefono
15. Un cielo senza nuvole è calvo e azzurro
16. Le nuvole del mare profumano di mare
17. Le nuvole sono nobili e inquiete
18. La nuvola che se n’era andata non sarebbe più tornata
19. Il dolore delle nuvole non riusciamo nemmeno a immaginarcelo                                                          
20. Le nuvole sono pensieri senza arole                      
21. Le nuvole sono schiave del vento
22. Una nuvola senza forma è sempre aperta
23. Le nuvole sono trascinate da uccelli invisibili
24. Se le nuvole avessero braccia, abbraccerebbero

*
[da 89 nuvole / Mark Strand. - L’Obliquo, 2003. Vol.esaurito] [Traduzione di Damiano Abeni]
( Foto originale by Gabriele Pancirolli : Le dita rosate dell' aurora)

mercoledì 2 giugno 2010

Sapete, ho trovato fantastico il link sulloYpsilanti State Hospital.
Sapete, ho avuto uno zio schizofrenico che si è ammalato a 25 anni e che era già malato quando io ero piccola.
Sapete, ho poche cose da dire sulla follia. Certo è che quando lui è morto i due ragazzi che gli sono stati vicino durante l'ultimo mese in ospedale hanno detto piangendo:" Era un nostro amico."
Avrei voluto scrivermi tutti i suoi aforismi ma uno me lo ricordo.
Eravamo a casa di mia nonna con mia cugina, mia madre e mia nonna e c'era una discussione molto animata tra donne (mia cugina sofffriva per amore!).
Mio zio entrò in cucina e ci disse: "Se state male, ricoveratevi!"
Vi lascio una poesia di Alda Merini, che di manicomi se ne intendeva:

Le più belle poesie, La Terra Santa, 1983

Le più belle poesie
si scrivono sopra le pietre
coi ginocchi piagati
e le menti aguzzate dal mistero.
Le più belle poesie si scrivono
davanti a un altare vuoto,
accerchiati da agenti
della divina follia.
Cosi, pazzo criminale qual sei
tu detti versi all’umanità,
i versi della riscossa
e le bibliche profezie
e sei fratello a Giona.
Ma nella Terra Promessa
dove germinano i pomi d’oro
e l’albero della conoscenza
Dio non è mai disceso né ti ha mai maledetto.
Ma tu sì, maledici
ora per ora il tuo canto
perché sei sceso nel limbo,
dove aspiri l’ assenzio
di una sopravvivenza negata.

: G.G. BELLI " tradotto" IN INGLESE

Una incredibile traduzione in inglese di G.G. Belli, poeta romanesco, tratta dal libro IL POPOLO DI ROMA IN 100 SONETTI, di Allen Andrews, a cura di Fabrizio Di Giacomo, Barbi Editore, Roma, 1984, ISBN 88-85699-00-6.
            L' incisciature

Che sscenufreggi, ssciupi, strusci e ssciatti!
Che ssonajjera d' inzeppate a ssecco!
Iggni botta, peccrisse, annava ar lecco:
Soffiamio tutt' e ddua come ddu gatti.

L' occhi invetriti peggio de li matti:
Sempre pelo co ppelo, e bbecc'a bbecco.
Viè e nun vieni, fà e ppijja, ecco e nnun ecco;
E ddajje, e spigne, e incarca, e strigni e sbatti.

Un po' ppiù cche durava stamio grassi!
Chè ddoppo avè ffinito er giucarello
Restassimo intontiti com'e sassi.

E' un gran gusto er fregà! ma ppe godello
Più a ciccio, ce voria che diventassi
Giartruda tutta sorca, io tutt' uscello.
                                                         17 settembre 1831

La " traduzione"


                  Frenzy

What thrashing, spending, what frottage, what moans!
An epic of discharge and fresh refuelling.
Each stroke was a sure winner, dead on target;
And both of us were puffinh like two cats.

With glassy eyes much worse than lunatics,
Bush always against bush, beak against beak;
Come - and not come; give - take; now - and not now;
Screw me, and surge, and press, and hold, and batter.

Poor us if it had lasted any longer!
For after finishing this little game
We were left numb and motionless as stones.

How good to fuck! But really to enjoy it
In toto there should be a transformation:
Gertrude become all cunt, myself all prick.

Per finire, solo l' incipit della traduzione di Peter Nicholas Dale, tratte da:
http://www.ggbellimosetti.altervista.org/SONNETS/elenco_sonnets.htm

              Shaggen (L’incisciature)

Wodda lather n’ swet, the sheer wear n’ tear a the act!
Cop the jinglen knackers as ya cram in the bone.
Ev’ry friggen thump, b’Christ, banged sweetly home,
Till we mewled n’ huft n’ puft like rootèd cats.

The sonnet is translated into "Strine", the dialect spoken in Australia down to the 1960s


                        Shagging (Orthographically normalized version)

What a lather and sweat, the sheer wear and tear of the act!

Cop the jingling knackers as you cram in the bone!
Every frigging thump, by Christ, banged sweetly home,
Till we mewled and huffed and puffed like rooted cats.        

E Buona Festa della Repubblica, finchè dura...


                                              immagine da www.provaciancorasam.ilcannocchiale.it