domenica 26 maggio 2019

NICHOLAS MOORE,da LACRIMAE RERUM, Ideals, wishes, crimes & desires,Ideali, desideri, crimini & bramosie, trad. A. Panciroli







Ideali, desideri, crimini & bramosie


C' erano 7 statue
(o 8 o 9),
di pietra, scolpite, fredde,
in fila lungo i viali come alberi,
o sul verde in quadranti, curve,
o sparse nei giardini ,
lungo i sentieri, di fronte ai
negozi nelle strade, ricordi;
nei cortili, giù
lungo il fiume, sulla sabbia
del mare, riflesse in grandi specchi
o nei palcoscenici,
o nel cielo scolpite dalle nuvole
o ondeggianti e scintillanti nel mare, negli stagni,
nelle cascate, nebulizzate;
ma c'erano sempre le stesse statue,
7 ( o 8 o 9);






In luoghi diversi  erano diverse,

talvolta sottili ed aguzze
come gli uomini di Giacometti,
talvolta carnose e rotonde
come le donne di Maillol,
talvolta forme astratte, talvolta
realistiche o fotografiche,
talvolta grezze come quelle
di Epstein o Frink,
talvolta lisce e soffici
come un Rodin,
allungate come Marie Tracy,
enormi e grasse come le donne di Picasso
sulla riva del mare,
ma sempre fredde, irreali--
statue morte,
ma qualche volta riportate in vita
da un uccello seduto sulla testa,
o  dal cumulo di foglie cadute
nei viali  -  feuilles mortes!
Ah!, sì nei giardini  ricoperti
delle foglie colorate dei Ciliegi
Giapponesi, nei grandi specchi
le statue erano nere
e le foglie fruscianti e arricciate
come linciate dalle bombe dell'uomo:
( E quelle statue che hanno un volto
hanno espressioni terribili o
espressioni di terrore, come se
la pietra fredda, l'ebano
severo, l'acido bronzo
avessero portato  vita dalla morte.



Riflesse nel mare, le

statue sembravano danzare
in estasi  - ma non avevano
volto, erano ancora fredde,
ma sembravano muoversi nella spuma,
danzando e ballando,
e tuttavia fredde senza speranza;
pietra, metallo, ghiaccio;
anche nei giardini 
sembravano danzare, illuminate
dall'ombra e dal sole:
dure e rigide,
contornate da fiori luminosi, qualcuna
era dipinta, striata e
sfavillante di colori fioriti,
le loro forme fredde
e merlettate come ghiaccioli
e mescolate col fuoco,
a strisce blu e gialle
come creature di un carnevale,
ma di pietra e pietra-metallo  e metallo-freddo
prive di vita nel mascherare la vita



In qualche composizione,
in qualche situazione
alle statue mancava qualche parte,
qui una gamba, qui un braccio,
qui una testa, oppure erano state
mutilate orribilmente
nei loro riflessi:
come se  un omaccione preso
da una vignetta di Ronald Searle
fosse arrivato e avesse smembrato
i loro nudi corpi di pietra
distruggendone anche 
la  bellezza  di pietra- morta,
distruggendone anche
la  fredda immagine
vitale: restavano ancora
nelle loro linee, nelle loro curve,
nei loro modelli casuali
qui, là e ovunque,
e forse rimarranno
anche quando noi saremo morti,
resti culturali
di una civiltà che non poteva vivere per amare.



Ma queste non sono come le altre statue:
ognuna di esse era qualcuno che conoscevo;
donne che ho conosciuto, dalla infanzia
sino alla tomba; persone che ho incontrato
e conosciuto più o meno bene,
ragazze, ragazze, ragazze,
pietre, pietra, pietra,
distorte dagli specchi
e dai ricordi del Tempo 
( del nostro tempo - Oggi, Oggi)

e mia Musa,
cosa faranno di Te domani?






venerdì 24 maggio 2019

Ho scoperto che.../I discovered that...

Risultati immagini per david lang

Le prime note che si ascoltano all'inizio de "La grande bellezza" di Paolo Sorrentino appartengono alla composizione "I lie" del musicista modernista e minimalista, vincitore del Premio Pulitzer e di vari Grammy, David Lang.
Facendo ricerche sul testo ho scoperto che esso si declinava in una lingua a me sconosciuta finché ho capito che si trattava di un testo scritto in Yddish.
La prima domanda che mi sono fatta è se David Lang fosse ebreo dato che aveva scritto quel testo ma, facendo ancora ricerche, ho scoperto che il testo si ascrive al poeta yddish Joseph Rolnik (1879-1955) mentre la musica è stata scritta dalla poetessa Yddish Bertha Kling (1886-1979).
La canzone ha subito innumerevoli trasformazioni e translitterazioni, diventando anche una canzone per bambini e una canzone folk.
E qui arriviamo a quello che piace a Jago e cioè alla traduzione del testo poetico che, come si sa, spesso cambia ed è soggetta a varie interpretazioni.

The first notes you hear when you watch the movie "La grande bellezza" by Paolo Sorrentino are the notes of the song "I lie " by the modernist minimalist composer David Lang. I thought that the text was his original but I discovered that it is a poem composed by the Yddish poet Joseph Rolnik (1879-1955) and that the music has been written by the Yddish poet Bertha Kling (1886-1979)
The text has gone through countless transliterations and translations like, for example, also the version of a children's song.
The Rolnik poem has inspired two new musical compositions. The first is by the Pultzer prize and Grammy winning modernist minimalist composer David Lang entitled "I lie".
The second has been composed by UK based Yddish singer Polina Shepherd.

Here is the Yddish text:
Qui di seguito il testo in Yddish

Leyg ikh mir in bet arayn
Un lesh mir oys dot fayer
Kumen vet er haynt tsu mir
Der vos iz mire tayer
Banen loyfn tsvey a tog
Eyne kumt in ovnt
KhÕher dos klingen  Ð glin glin glon
Yo, er iz shoyn noent
Shtundn hot di nakht gor fil
Eyns der tsveyter triber
Eyne iz a fraye nor
Ven es kumt mayn liber
Ikh her men geyt, men klapt in tir,
Men ruft mikh on baym nomen
Ikh loyf arop a borvese
Yo! er iz gekumen!


Here is the first English translation:
Qui di seguito la prima versione in inglese:
I lie in bed and turn out the light, my beloved will come today The trains come twice a day one comes at night, hear them clanging- glin glin glon Yes, he is near the night has many hours each one sadder than the next Only one is happy when my beloved comes Someone comes, someone knocks someone calls my name I run barefoot Yes, he has come.

Here the second:
Qui la seconda:
I lie down on my bed and turn out the light. He who is dear to me will come today. The trains run twice a day, one comes in the evening. I hear the ringing and I know he's already near. I hear footsteps, someone knocks on the door and calls my name. I run down barefoot, yes he has come!

Here the Italian translation by Ipazia:
E qui la traduzione in italiano di Ipazia:
Giaccio nel mio letto al buio, il mio amato giungerà oggi. I treni arrivano due volte al giorno, uno arriva di notte, ascolto il suo clangore- glin glin glon. Sì, lui è vicino. La notte ha molte ore una più triste dell'altra, soltanto una di esse è felice ed è quella in cui il mio amato verrà. Qualcuno bussa alla porta, qualcuno bussa, qualcuno chiama il mio nome, corro fuori a piedi nudi, Sì, lui è arrivato!

https://www.youtube.com/watch?v=4oyjNSfoQdA




mercoledì 22 maggio 2019

La triste storia de LACRIMAE RERUM



Sunt lacrimae rerum et mentem  mortalia tangunt ( vedi Borges e il sunt lacrimae rerum virgiliano)



Nicholas Moore
Courtesy Peter Riley




 Da questo verso  dell' Eneide ( libro I, vv 463) prende il titolo la raccolta di poesie, le ultime, di Nicholas Moore, poeta inglese una volta famoso e ormai quasi dimenticato.
  Le poesie sono state scritte tra il gennaio 1985 e la morte di  Moore nel gennaio 1986, mentre lo sfortunato autore giaceva ricoverato nell'ospedale di Orpington; raccolte da Peter Riley ,  suo grande amico e mentore , secondo , e seguendo, le sue ultime volontà.
  Infatti Riley stesso ricorda come sia stato chiamato dal poeta in ospedale, preoccupato che l'unica copia andasse perduta nel caos del suo appartamento; il poema doveva , secondo quanto affermato da Moore, essere in tre sezioni. Gli aveva citato l'inizio della prima poesia:
                       
  I'd like you to be with me when I die
                          Nice for me, though not so nice, perhaps, for you...


  La seconda parte doveva riguardare gli spiriti e le fantasie postulate  sulle questioni della morte e della dipartita. La terza sezione avrebbe dovuto risolvere l'intera questione, oltre gli incontri impossibili e le ansie senza risposta della I e II parte.
Non c'era ancora una prima bozza ma era già  completamente "scritto" nella sua mente. e stava solo aspettando  l'occasione di metterlo su carta.
  Per molto tempo si pensò che  il poema fosse andato perduto, ma alla fine le prime due parti  vennero a galla trai suoi scritti, la prima parte si rivelò più leggera di quanto Riley si aspettasse, forse questa versione  era solo una prima bozza. Ghosts  non era neanche numerato. Questo era tutto. In ospedale Moore non poteva scrivere; doveva, a causa delle cure sanitarie, rimanere sdraiato sul fianco sinistro ( a Moore fu poi amputata la gamba NdR) ; inoltre dormiva quasi tutto il giorno a causa della morfina. Rifiutò anche l'offerta di dettare o di registrare  su cassette  almeno qualcuno dei suoi illeggibili  testi scritti a mano. E naturalmente non tornò mai a casa dall'ospedale. Il testo finale memorizzato  come connessioni elettriche nel cervello se ne andò insieme a lui...



Un esempio della incomprensibile
calligrafia di Nicholas Moore



 Il  testo che oggi leggiamo è  stato "assemblato" da Peter Riley con l'aiuto del figlio del poeta Perry Moore e pubblicato , grazie  ad una sottoscrizione tra numerosi artisti ed associazioni,  nel 1988 da Open Township  & Pubblical Histories  in 125 copie rilegate e  375 ordinarie, con la bella copertina disegnata da  Juliet  Moore, figlia del poeta .










  
  










venerdì 10 maggio 2019

LACRIMAE RERUM, Nicholas Moore, Sunsilk, trad. A.Panciroli








Although indelicate and indiscreet,
When thinking of my woman's legs and feet,
I also thought about her lingerie
And dreamt she walked trough an orangerie
Plucking sweet oranges from nearby trees,
Those golden apples of the Hesperides.
I thought of Skelton's poem, and I saw
                                        and with awe
Saw, that my woman had no single flaw
But time is passing ant it rearranges
Both legs and feet, women and oranges.

And often we may have no right to range
where true love walks, or plucks the perfect orange.



Sebbene indiscreto e indelicato,
quando  penso alle gambe ed ai piedi della mia donna,
pensavo anche alla sua lingerie
e  sognavo che camminasse per un orangerie
cogliendo dolci arance  dagli alberi vicini,, 
quelle mele d'oro delle Esperidi.
Pensavo alla poesia di Skelton, e vedevo
                                           e con terrore,
vedevo che la mia donna non aveva un solo difetto
ma il tempo passa e risistema
gambe e piedi, donne ed arance-

E spesso potremo non avere nessun diritto  di limitare
dove il vero amore cammini, o colga la più perfetta arancia.











                                         

giovedì 9 maggio 2019

A Chloris, testo di Théophile de Viau, musica Reynaldo Hahn







S'il est vrai, Chloris, que tu m'aimes,
Mais j'entends, que tu m'aimes bien,
Je ne crois point que les rois mêmes
Aient un bonheur pareil au mien.

Que la mort serait importune
De venir changer ma fortune
A la félicité des cieux!

Tout ce qu'on dit de l'ambroisie
Ne touche point ma fantaisie
Au prix des grâces de tes yeux.




Se è vero, Chloris, che mi ami,
Ma  sento che tu mi ami davvero,
Io non credo che neppure i re
Abbiano una gioia pari alla mia.
Quanto sarebbe inopportuna la morte
Che venisse a cambiare la mia fortuna
Con la gioia dei cieli!
Tutto quel che si è detto dell’ambrosia
Non alletta punto la mia fantasia
Come la grazia dei tuoi occhi.


  Sul web ci sono innumerevoli registrazioni  di questo dolcissima canzone, per soprano, tenore, baritono, per solo piano, piano e cello, o contrabbasso. violoncello, etc...!
 Se vi volete divertire ascoltate le due che ho postato qua sotto, cercando di tenerle in sincrono. Se volete andare sul difficile cercate di  sincronizzare anche la versione per piano e contrabbasso (stupenda); inizia a 0.10... occhio, anzi orecchio!








sabato 4 maggio 2019

LACRIMAE RERUM, Nicholas Moore, Evening, traduzioni A.Panciroli, Lia Aricò


EVENING                 Versione definitiva


Ricordavo quella via solitaria,
il cammino lungo quelle ampie strade desolate,
gli alberi a lato come fili di fumo quelle strade infinite
tutte uguali che non vanno da nessuna parte o verso altre strade,
tutte uguali, vuote, le case linde
con le belle tende di mussola pulite,che portano
verso altre strade con altri alberi, con altre
case. La speranza sopravvive
nelle case vuote nelle case vuote nelle strade vuote,
da qualche parte, come la vita tra i morti.

Gli sbuffi degli alberi erano inverno,  i marciapiedi
ampi e nuovi, le strade che si arrampicano
su per la collina oltre la curva, qualora ci si
fosse avventurati fin lì. Ma dove,
ma dove, verso altre strade,  verso altri alberi. altri
marciapiedi pieni curvi perfettamente livellati.
non traducibile...Ma perché noi,
non è  noi, ma è io.
E ora ricordo quella strada solitaria,le ampie
strade desolate, gli sbuffi degli alberi ai lati, camminando, camminando,
camminando del buio.
......
,










EVENING

SERA

Traduzione Alessandro Panciroli

Ricordavo quella strada solitaria,
il cammino lungo quelle ampie strade desolate,
gli alberi a fianco come fili di fumo, quelle strade senza fine che,
sempre uguali, non portano da nessuna parte, o le altre strade
sempre uguali, vuote, le case linde,
con le belle tende di mussola pulite, che portano
ad altre strade con altri alberi ed altre 
case. La speranza sopravvive
nella case vuote nelle case vuote nelle strade vuote
da qualche parte, come la vita mescolata alla morte.

Le chiome degli alberi erano inverno, il marciapiede
ampio e nuovo, le strade che si arrampicano
sulla collina e oltre la curva,  non si vorrebbe
mai arrivare .Ma dove,
dove, verso altre strade, altri alberi, altri marciapiedi
pieni di curve splendidamente livellati.
............... ( non traducibile). Ma perché noi,
Non è noi, ma Io.
Ricordavo quella strada solitaria, le ampie strade
desolate, gli alberi a fianco come fili di fumo, camminavo, camminavo,
camminavo nel buio.



Traduzione di Lia Aricò






venerdì 3 maggio 2019

LACRIMAE RERUM , Nicholas Moore, Yearning II, trad. Alessandro Panciroli






YEARNING   II

BRAMOSIA   II 



E' come se il cielo  fosse diventato acquoso,
come se la scena si riflettesse  in uno stagno,
le sponde incorniciate dai narcisi, bianchi
in compatte, sparse file, finché il vento all'improvviso soffia
e gli steli prendono vita e i fiori si flettono
 e oscillano  e la cerva  esita e salta come fosse
in un vortice troppo veloce, come fosse ubriaca
 o come alle viste di un ubriaco, l'immagine
avanza e si ritira, ora distante ora vicina,
ma sempre al centro la bella cerva, vacillando,
luccicando, ingrandendosi, rimpicciolendo, scomparendo in un bisbiglio,
spiccando brillante e limpida come un grido,
diventando distorta come  un urlo
in un incubo, freddo, chiaro e tepido, entrambi distaccati
e muovendosi come Margaret Marshall  che canta
le Ultime Quattro Sonate di Strauss nel finire della vita,
scomparendo nel tramonto con un tintinnio di campanelli.
E' come se  la Morte fosse un' estasi.
Ma è della vita che parliamo, non della morte,
è dei sogni  che parliamo, non degli incubi.
La cerva bianca non è  offuscata
dalla irrealtà ma è simbolo di vita e di
Bella vita: Guardate come  a grandi passi
attraversa il cielo.




Nicholas Moore /  courtesy of Peter Riley