giovedì 29 agosto 2019

THE WOMEN/ LE DONNE

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THE WOMEN
by J. Mae Barizo

An evening of expected rain. Out the window clouds lifted
their skirts and the wind poured in. We were the mothers
lingering over the dessert tray, placing the sweets in our
mouths, one by one. We were the soothers and givers,
keepers of children and men. Those days, our skin bunched
up at the bra line, eyelids gathering like crinoline as it folds.
Yet standing there at the table, there was nothing in the world
we were in want of, not even the loves that had escaped us.
Whatever we suffered, we let go of willingly. To know we
were not the same women as before did not pain us. When
the others spoke their voices swept over us like bees hovering
over lilacs. Outside, lights strobed over the Hudson; we watched
a white boat riding the crest of a wave, headed to the sea. We
felt an ache we realized was happiness, almost unbearable.


LE DONNE
di J. Mae Barizo

Una serata in attesa di pioggia. Oltre la finestra le nubi sollevavano
le loro sottane e così il vento giungeva forte. Noi eravamo le madri
ferme al vassoio dei dolci, che ponevano i dolci nella
loro bocca, uno ad uno. Noi eravamo le consolatrici, quelle che
davano, quelle che curavano bambini ed uomini.
In quei giorni, la nostra pelle stropicciata all'altezza del reggiseno,
le palpebre socchiuse come crinolina quando si piega.
Tuttavia, ferme lì a quel tavolo, non c'era nulla al mondo
che ci mancasse, tanto meno gli amori che erano fuggiti via da noi.
Qualsiasi fosse la pena che ci aveva attraversato, la lasciammo
andar via volontariamente. Per sapere che non eravamo
le stesse donne che eravamo prima di essa. Quando
gli altri parlavano le loro voci si spandevano su di noi come api
volteggianti su lillà. Fuori, le luci lampeggiavano sull'Hudson; noi
guardammo una barca bianca cavalcare la cresta di un'onda, diretta
al mare. E provammo  un dolore che capimmo essere felicità,
quasi insopportabile.

Traduzione di Ipazia

lunedì 26 agosto 2019

HORCYNUS ORCA di Stefano D'Arrigo, " L'affarecinese di Caitanello Cambrìa"




HORCYNUS ORCA di Stefano D'Arrigo, " L'affarecinese di Caitanello Cambrìa"







  Sdiluviato di spruzzi, il corpo a sconquasso, tutto mammalucchito, se ne calò nella lancitta, toccandosi e massaggiandosi fianchi,spalle e collo, dove si sentiva tutto in dolenzia. Abbassando gli occhi, ormai se n'era scordato, si vide fra le gambe, ancora all'aria, l'affarecinese, assinuato scuroscuro sopra il legno come una murena di scoglio...

  A capo sotto, avvicinandoci gli occhi sopra, se l' osservava là, in mezzo all'anche, fra incredulo e cusioso, come si scandaliasse allora allora di quell'essere strano ed enimmatico che viveva incorporato a lui, però come per conto suo, davero straneo. Se l'osservava e quello che vedeva: quel pesciazzo dissossato, finto affumicato, ranunchiato pieghepieghe, quel pesciazzo una volta, assai assai per l'indietro, se ne stava aqquattato li fra le sue gambe come nello spacco di uno scoglio, specie di murena pronta a avventarsi allo scoperto non appena s'aggirava nei paraggi dello scoglio il boccone di cui il pesciazzo era alliccoso. Ma ora, ora, il pesciazzo d'una volta se ne stava tutto assonnacchiato del sonno dei vecchi, mortizzo mortizzo, che a guardarlo bene faceva perfino senso...

  Se lo guardava tra le gambe e si sentiva vergogna, riserntiva la vergogna, risentiva la vergogna del vecchio. A che mi ridussi...si mormorava. A che ci riducemmo...gli mormorava.

mercoledì 21 agosto 2019

HORCYNUS ORCA, di Stefano D' Arrigo, don Ferdinando Currò inteso Noè


HORCYNUS ORCA non è un libro, o meglio, non è solo un libro: è lo strittu, è scill'e cariddi, è vita e, inevitabilmente, morte. E la vita, come lo strittu, è difficile e misteriosa, solcata da correnti impreviste, da maree irresistibili, abitata da mostri subacquei, sconvolta dallo scirocco africano,
In una delle molte storie che vanno a comporre Horcynus si staglia la ieratica figura di don Ferdinando Currò inteso Noè, vecchio , vecchissimo pescatore cariddino , eroico salvatore di molte vite durante il terremoto e maremoto di Messina. Esperto conoscitore di pescispada, di venti , di mari, ormai fattosi vecchio vive solo per riassaporare l'odore e il sapore del suo mare. A lui i pescatori di Cariddi si rivolgono come ad un oracolo di sale per conoscere i giorni migliori per la caccia al pescespada.
 Una figura alla Aureliano Buendìa dei Cento giorni di solitudine di marquesiana memoria...



 Al chiuso Noè moriva: doveva odorare il mare vivo vivo, sennò moriva. Lo dovevano mettere all' aperto in ogni stagione e se diluviava, lo dovevano mettere almeno dietro l'uscio, nel vano della porta mezz' aperta. la più parte delle notti d'estate non voleva essere smosso di dove stava, tuttalpiù, sua nipote Catina, se sentiva l'aria rugiadosa, gli metteva sulle spalle una coperta, perché la mattina non si trovasse bagnato sino alle ossa dall'acquazzina del sereno.
  ....Aveva più di ottantanni e pesava più di un cantàro; era staturatissimo e quanto a forza, sino all' ultimo che si era retto in piedi, se si piantava in mezzo a una palamitara, gli avrebbero potuto sciogliere sulle spalle la velatura, senza che ci fosse gran differenza tra l'albero e lui.


 ... Da dieci, quindici anni, come l' avesse ormai incorporata, era così gonfio di nefrite da non poter poggiare i piedi per terra, quasi cieco e sordo, era ormai una massa di vecchia carne salata che si asciugava e seccava al sole. La salsedine di cui si era imbevuto in tanti anni, gli risaliva a galla svaporando sulla faccia, sulle mani, sui piedi: il sale si spolverava sulla sua pelle, specie nell' orbita degli occhi, fra dito e dito, dietro e dentro gli orecchi, ed era come se quel poco di sale che gettava ogni giorno, lo conservasse imbalsamato.

 ... Difatti l'inquietamento benigno di don Ferdinando significava che quella notte  gli era arrivata una prima avvisaglia di scirocco, di quello fatto apposita per incotturiare d'amore e chiamare al suo destino lo spada, e significava che il pulcinella era per via, e assai vicino pure, forse alle Isole, sempre più mammalucchito dal levante e ponente della sua fatalità: perché, se Ferdinando Currò dava quei segni, si spuliciava tutto come se uscisse dal letargo, ci potevano puntare che quello era scirocco a doppio gusto, di levante e di ponente.
  Lo scirocco non è vento fedele di carattere, vento sempre a una faccia  e sempre netto di faccia, non è, tanto per dire, greco o maestro. che persino un muccuso  alla fine ci sa leggere. Lo scirocco è vento africanazzo su cui non si può fare il minimo assegnamento perché il nome è uno e le razze sono tante....
  ...Per questo ci vuole l'indovino, ci vogliono vecchi che hanno rughe di ottantanni, pieghe strette e profonde come nascondigli nella memoria, per cui riescono a calamitarlo e a spremerne il succo, biondo e nero, perché i vecchi pellisquadre, i mummioni seduti tutto il giorno in faccia al mare, lo scirocco  se lo desiderano come il trinciato forte,, non possono più farne a meno di quel veleno, che prima li risuscita, li ringiovanisce magari di dieci, ventanni, , e poi li lascia più morti di prima.





















Fatalmente sorgeva alla mente il confronto  con quell'Ercole mustacciuto, sulla quarantina, che nel Ventottodicembre lottava con cavalloni alti come montagne, che fra rimbombi e boati gli rovinanavano sopra, per strappargli i muccuselli che salvava a quattro a quattro, a intere bracciate, aggrappati al suo collo, tanti passerelli sdiluviati che posava sopra i rami delle limonare e delle olivare, per le rasole di Spartà dove si potevno dire al sicuro: tanti, che a contarli uno per uno e ritrovarli oggi pellisquadre e padri di famiglia, tutti i muccusi che salvò allora, si poteva dire veramente che don Ferdinando Currò aveva salvato la razza cariddota., 
Il maremoto si ruppe le corna conlui. Il mare si alzava impennandosi sino all' altezza della rocca di Scilla e delle volte, quel cavallone pazzo, schiumante, si ergeva sino all' Aspromonte, eruttando lassòpra grandi masse di lava argentate che erano interi banchi di cicirella sollevati dal' abisso,e poi di lassòpra, con spaventevole scotrumbo, si precipitava sopra marine e alture, sommergendo villaggi  e paesi: Ferdinando scompariva ogni volta alla vista, ma ogni volta, schiumando di rabbia, il cavallone tempestoso rinculava dai piedi di quel gigantomo fatato, come dal tronco di un albero incrollabile, dai rami carichi di muccuselli, stretti abbracciati aggrappati, che vi avevano trovato scampo.
  E ora eccolo là, quell' Ercole, là, sulla sedia, che si sbavava per una stampa di scirocco: col cavallone pazzo della vecchiaia, nemmeno lui poteva farci nulla.

sabato 17 agosto 2019

Frammenti di poesia tradizionale giapponese / Yo o umi shizumihatete ya .....









Yo o umi ni  shizumihatete ya yaminamashi
      watasumi no  nori fune nakariseba


Per certo saremmo morti affogati nelle acque agitate
      di questo mondo di dolore se la nave del Dharma non
      ci avesse portato su quest vasto mare.




 Kokoro yori musubi okikeru shimo nareba
       omoitoku hi ni nokorazarikeri

Poiché  il pesante ghiaccio dell' ignoranza era stato da noi creato
      di sicuro si scioglierà nel calore di questo sole, senza lasciare alcuna traccia.