venerdì 29 giugno 2018

Apollonio Rodio, ARGONAUTICHE - IV, 1223 -1304, trad. isometra di Daniele Ventre


Daniele Ventre è nato a Napoli il 19/05/1974. Vive e lavora a Napoli come docente di lingue classiche. Nel 2010 ha pubblicato una versione in esametri italiani dell’Iliade, che ha vinto il premio Marazza per la traduzione poetica. Nel 2012 ha pubblicato una raccolta dal titolo E fragile è lo stallo in riva al tempo. Fa parte della redazione del blog letterario Nazione Indiana. Di prossima pubblicazione, una sua traduzione poetica del Ciclope di Euripide e una versione in esametri dell’Odissea.








Argonautiche – IV, 1223-1304


by daniele ventre 
trad. isometra di Daniele Ventre


 Νῆα μὲν οὖν οἱ πρόσθεν ἐπικλείουσιν ἀοιδοὶ
Ἄργον Ἀθηναίης καμέειν ὑποθημοσύνῃσιν.
νῦν δ' ἂν ἐγὼ γενεήν τε καὶ οὔνομα μυθησαίμην
ἡρώων, δολιχῆς τε πόρους ἁλός, ὅσσα τ' ἔρεξαν
πλαζόμενοι: Μοῦσαι δ' ὑποφήτορες εἶεν ἀοιδῆς. »

                                                         


                                                        
                                                                      
                                                                      
 Drepane il settimo giorno lasciarono. Vento impetuoso,
limpido, venne dal lato dell’alba; e dal soffio del vento
spinti correvano sempre più oltre. E però non ancora
era destino per quegli eroi di sbarcare in Acaia,
prima che fino agli estremi di Libia non fossero giunti.
Già si lasciarono dietro il golfo che ha nome da Ambracia,

già la regione Curetide, a vele spiegate nel volo,
e con le Echinadi stesse, altre isole in fila disposte,
strette, e da poco la terra di Pelope s’era levata;
ecco che allora con furia procella di Bòrea funesta
proprio nel mezzo del mare di Libia prendeva a sbalzarli
per nove notti e altrettante giornate, finché la profonda

Sirte raggiunsero, là, dove via non c’è di ritorno
per i vascelli, ove siano forzati a raggiungerne il golfo.
E dappertutto è pantano, per tutto è un fondale coperto
d’alghe, su cui senza un’eco si volge la spuma dell’onda.
Su fin nell’etere sorge la sabbia e a quel lido non viene
mai animale che strisci o voli. In quel luogo gli eroi

una marea –dalla terra infatti fluisce a ritroso
spesso quel flutto e di nuovo si leva e con impeto piomba
contro le coste –all’interno del golfo li spinse veloce,
fin nel suo grembo, nell’acqua restò poca parte di scafo.
Giù dalla nave balzarono e angoscia li prese a vedere
l’etere e simile all’etere un dorso infinito di terra,

che si stendeva lontano e continuo, non un ruscello,
non un sentiero a distanza scorgevano, non un riparo
per i bovari, ogni cosa giaceva in un quieto silenzio.
L’uno con l’altro perciò si chiesero in tanta afflizione:
“Questa che terra si vanta mai d’essere? Dove i marosi
ci hanno gettati? Se avessimo osato, a dispetto d’angoscia

devastatrice, avviarci per quella medesima rotta,
oltre le Rupi; anche andando al di là del fato di Zeus,
era ben meglio morire tentando un’impresa grandiosa.
Ora che mai tenteremo, se qui ci costringono i vènti
a rimanere, anche un tempo esiguo? A tal punto il deserto
va dispiegandosi lungo una landa senza confini!”

Sì, così dissero: a loro angosciati nell’impotenza
della sventura, parlò Anceo il nocchiero in persona:
“Dunque moriamo d’atroce destino e non ha via di scampo
questa pazzia: si prepara per noi il dolore più cane,
nell’aggirarci per questo deserto, se pure spirasse
vento da terra: poiché se intorno mi guardo a distanza,

scorgo dovunque fangoso il mare e in gran parte anche l’onda
viene ad infrangersi sopra le bianche distese di sabbia.
E con violenza da tempo ormai si sarebbe spezzata
molto più in là sulla costa la sacra carena, dal largo
a trasportarla su in alto è stata la stessa marea.
Ora nel pelago quella precipita, solo acqua salsa

non navigabile stagna, che appena ricopre la terra.
Ecco perché di ritorno e navigazione già credo
ogni speranza intercisa. Un altro dimostri la sua
abilità: gli è concesso sedersi vicino alla barra,
se di partire ha la brama; però nessun giorno al ritorno
Zeus ha intenzione di compiere in coda alle nostre fatiche”.

Disse così fra le lacrime; e con il suo affanno concordi
erano quanti di navi sapevano. Il cuore di tutti
s’era agghiacciato, un pallore si stese d’attorno alle guance.
E come poi, somiglianti agli spettri d’anime nudi,
gli uomini in una città s’aggirano, quando di guerra
o pestilenza s’attendono il termine, o forse una pioggia

inesorata, che inonda a mille i lavori dei bovi,
o come quando talvolta effondono statue sudanti
sangue, o se immaginano di sentire mugghi nei templi,
o se magari dal cielo il sole conduce la notte
di mezzogiorno e lucenti nell’etere brillano gli astri:
sì, così allora gli eroi gran tratto sul lido disteso

si trascinavano errando. E subito buia la sera
precipitò: fra di loro offrendosi abbracci pietosi,
si salutavano in pianto, per poi consumarsi la vita
sopra le sabbie cadendo ciascuno in disparte, da solo.
E chi di qua, chi di là, andò ognuno a cercarsi un riparo;
e ricoprendosi il capo ognuno del proprio mantello,

senza mangiare né bere giacevano tutta la notte,
l’alba, in attesa di morte pietosa. E le giovani, a parte,
presso la figlia di Eeta gemevano insieme raccolte.
E come quando solinghi, caduti al di fuori d’un sasso
concavo, gemono acuti lamenti gli implumi pulcini,

o come quando sul ciglio del chiaro scorrente Pattòlo
destano i cigni la loro armonia, d’intorno la piana
rorida freme e non meno la bella corrente del fiume:
tali gli eroi, ricoperti di polvere i biondi capelli,
tutta la notte gemevano il loro pietoso lamento.

giovedì 21 giugno 2018

I am in need of music







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I am in need of music
by Elizabeth Bishop

I am in need of music that would flow
Over my fretful, feeling fingertips,
Over my bitter-tainted, trembling lips,
With melody, deep, clear, and liquid-slow.
Oh, for the healing swaying, old and low,
Of some song sung to rest the tired dead,
A sonf to fall like water on my head,
And over quivering limbs, dream flushed to glow!

There is a magic made by melody:
A spell of rest, and quiet breath, and cool
Heart, that sinks through fading colors deep
To the subaqueous stillness of the sea,
And floats forever in a moon-green pool,
Held in the arms of rhythm and of sleep.

Ho bisogno di musica

Ho bisogno di musica che fluisca
Sui miei nervosi, sensibili polpastrelli,
Sulle mie amare, tremanti labbra,
Con una melodia, profonda, chiara, lenta.
Oh, per il sussurro antico e suadente,
Di un canto cantato per lenire sfiniti corpi,
Un canto che cada come acqua sul mio capo,
E sopra tremanti membra, un sogno nato per brillare!

C'è del magico in una melodia:
Un sortilegio di riposo, e quieto respiro, e calmo
Cuore, che cade attraverso colori che sbiadiscono
Nella subacquea immobilità del mare,
E fluttua per sempre in una pozza verde-luna,
Perso tra le braccia del ritmo e del sonno.

Traduzione di Ipazia

venerdì 15 giugno 2018

Morois, di D. NURKSES, traduzione A.Panciroli



                                                 


Love in the Last Days: After Tristan and Iseult è la rilettura di D. Nurkse di una storia  d' amore che è passata attraverso i secoli. Nella versione di Nurkse, ascoltiamo diversi personaggi   del racconto, il servo, il cavallo, il cane, la lepre,  ma è sopratutto Tristano la nostra guida attraversoil suo romanticismo, il suo dolore , le sue possibilità narrative.

  Qui evoca il bosco di Morois, dove vive nascosto con il suo amore



Morois

Starving, we found one blackberry.
Since I picked it, I whispered, you eat it.
But I saw it first, she said, so it's yours.

I kissed her and pressed the globule with my tongue
into her mouth. Her tongue stopped me. She was shaking.

Was it sweet, I asked. You swallowed it, she said.

*

Morois: wilderness like any other except
the maple seeds whirl faster, eager to fall.

We were alone. What did I expect? Only the horse
stared lugubriously and turned his solemn rump.

Venus throbbed like a spider bite. Saturn towered over Gorre.

Already she had gathered thread-roots and floricane,
leery of the yellow stems that Satan pissed on.
Was she Majesty, or just an Irish farm girl?

The nightingale sang with his chest pressed
against a thorn, artfully wounded, practicing
to pour his heart out to no one.




Affamati, trovammo solo una mora.
Poiché io l'ho raccolta, sussurrai, mangiala tu.
Ma io l' ho vista per prima, quindi è tua.

La bacia e con la lingua le spinsi il piccolo frutto
nella bocca. Mi fermò con la lingua. Tremava.

Era dolce, le chiesi. L'hai inghiottita, rispose.


Morois, un bosco selvaggio come molti altri
tranne per i semi degli aceri che turbinano veloci, prima di cadere.

Eravamo soli. Cosa mi aspettavo? Solo il cavallo
mi guardò lugubrumente e girò la sua groppa solenne.

Venere pulsava come un morso di ragno. Saturno torreggiava su Gorre.


Lei aveva già raccolto radici sottili e floricani,
diffidava degli steli gialli che Satana aveva profuso-
Era una regina, o solo una contadinella irlandese?

L'usignolo cantava col petto schiacciato 
contro una spina , acutamente ferito, cercando
di non aprire a nessuno il suo cuore.






sabato 9 giugno 2018

Sandra Cisneros, BY WAY OF EXPLANATION




BY WAY OF EXPLANATION


Ci deve essere -
credo -
un po' di
Madagascar
in me
a cui non ho fatto cenno.


E in qualche modo
le Amazzoni
sono sfuggite 
alla tua 
profonda attenzione.

Il naso
è vero
Egitto
per tua 
informazione.

Il cuore
un crudele
cerchio bianco -
puro Bengali.

Qui sono le ginocchia
che pretendi essere tue -
sinceramente 
Marocchine:

Il seno
per tua sorpresa,
è della Papeete di Gauguin.

La pallida luna del ventre -
Andalusa!

Le mani -
gemelle commedie
da Pago Pago-

Gli occhi -
bituminosa
Tierra del Fuego.

Lo strano utero.
Imbalsamato.
Quintana Roo.




Sandra Cisneros