E' ben noto il mito di Orfeo che, disperato per la morte della sua amatissima Euridice, scende fin negli Inferi e con il suono della sua lira riesce a commuovere gli dei dell' Ade ed a ottenere di ricondurre nel mondo dei vivi Euridice, a patto di non voltarsi a guardarla fino a quando non fossero giunti alla luce del sole.
Durante il viaggio, un sospetto cominciò a farsi strada nella sua mente pensando di condurre per mano un'ombra e non Euridice. Dimenticando così la promessa fatta si voltò a guardarla ma nello stesso istante in cui i suoi occhi si posarono sul suo volto Euridice svanì, e Orfeo assistette impotente alla sua morte per la seconda volta...
"Orfeo y Eurídice" de Edward John Poynter |
Palinodia d’Orfeo
di
Gigi Spina
Non è vero che mi sono voltato indietro.
Non è vero che mi sono voltato indietro.
Perché avrei dovuto farlo?
Lei è sempre stata davanti a me. Era lei che sapeva dove eravamo
diretti. Ed è stata lei a voltarsi indietro. E mi ha detto: ‘Io vado
avanti, tu prenditi tutto il tempo che ti serve’. Mi conosceva bene.
Sapeva che io non camminavo soltanto. Avevo bisogno di raccontarmi il
cammino. Come se non potessi fare a meno, poi, di raccontarlo ad altri,
nella sua perfezione e completezza. E quando mi sono detto, una volta,
che non volevo più costruire racconti né miti, il viaggio era stato
bello, sì, ma fino a un certo punto, poi avevo solo continuato a
camminare, con gli occhi rivolti in basso, né avanti né indietro, perché
non avevo racconti da ricordare, ma solo oggetti, e luoghi, e animali, e
suoni, un passaggio d’ali, una pietra, un ramo spezzato, qualche prato
fiorito. ‘Tu prenditi tutto il tempo che ti serve’. E ne è passato di
tempo, forse troppo. Ho visto che a poco a poco scompariva
all’orizzonte, dietro una curva più marcata. E sono rimasto solo. E sono
tornato ai miei racconti. Ai miei racconti di lei, che a poco a poco
diventava mito, e perdeva tutta la realtà degli sguardi con cui l’avevo
amata. Ho continuato a guardarmi intorno, avanti, indietro, dovunque
degli occhi mi rispondessero. Il cammino è stato lungo, forse troppo; ma
ce n’è ancora da fare, e non dispero delle mie forze. Ho capito, in
tutto questo tempo, che ogni cosa avviene contemporaneamente, ed è un
errore sostituire, togliere. Bisogna avere la capacità di aggiungere, di
implicare e complicare, quasi di guardare in contemporanea, e nel
presente, come nessun occhio o racconto può fare, l’avanti e l’indietro
in un solo scatto. E quando, alla fine, capirò anch’io dov’ero diretto,
forse non avrò bisogno di riprendere il racconto e di portarlo a una
conclusione soddisfacente, al lieto fine sempre in agguato. In quel
momento, come in uno specchio, potrò guardare me stesso in rapporto con
l’indietro; ma non più, contemporaneamente, guardare in avanti. E sarà
quella la morte.
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