Fifteenth farewell
by Louise Bogan
I
You may have all things from me, save my breath,
The slight life in my throat will not give pause
For your love, nor your loss, nor any cause.
Shall I be made a panderer to death,
Dig the green ground for darkness underneath,
Let the dust serve me, covering all that was
With all that will be? Better, from time's claws,
The hardened face under the subtle wreath.
Cooler than stones in wells, sweeter, more kind
Than hot, perfidious words, my breathing moves
Close to my plunging blood. Be strong, and hang
Unriven mist over my breast and mind,
My breath! We shall forget the heart that loves,
Though in my body beat its blade, and its fang.
II
I erred, when I thought loneliness the wide
Scent of mown grass over forsaken fields,
Or any shadow isolation yields.
Loneliness was the heart within your side.
Your thought, beyond my touch, was tilted air
Ringed with as many borders as the wind.
How could I judge you gentle or unkind
When all bright flying space was in your care?
Now that I leave you, I shall be made lonely
By simple empty days, never that chill
Resonant heart to strike between my arms
Again, as though distraught for distance,-only
Levels of evening, now, behind a hill,
Or a late cock-crow from the darkening farms.
Fifteenth farewell
di Louise Bogan
I
Tu puoi avere tutto di me, finanche il mio respiro,
Il più piccolo fiato nella mia gola mai si fermerà
Dal celebrare il tuo amore, né la sua perdita, né alcun motivo per essa.
Dovrò forse io intercedere con la morte,
Scavare la verde terra fino al buio sottostante,
Lasciare che la polvere mi sia utile, coprendo tutto ciò che era
Con tutto ciò che sarà? Meglio, sotto le ingiurie del tempo,
Il viso indurito sotto la lieve corona.
Più freddo delle pietre, più dolce, più gentile
Di calde, perfide parole, il mio respiro si muove
Vicino al mio sangue profondo. Sii forte, e spandi
Nebbia compatta sul mio petto e sulla mente,
Il mio respiro! Noi dimenticheremo il cuore che ama,
Sebbene nel mio corpo batta la sua lama, e la sua zanna.
II
Errai, quando pensavo alla solitudine come all'ampio
Profumo dell'erba falciata sopra dimenticati campi
O a qualsiasi ombra che l'isolamento conduce.
La solitudine era il fulcro nel tuo fianco.
Il tuo pensiero, sotto il mio tocco, era aria sghemba
Inanellata da tanti bordi quanti ne ha il vento.
Come potevo giudicarti gentile o scortese
Quando tutto il chiaro vibrante spazio era nella tua cura?
Ora che ti lascio, mi renderanno sola
Semplici vuoti giorni, mai più quel freddo
Risonante cuore combatterà tra le mie braccia
Di nuovo, come fosse sconvolto dalla lontananza,-solo
Differenti colori della sera, ora, dietro una collina,
O un tardo canto del gallo dalle fattorie che scompaiono nel buio.
Traduzione di Ipazia
P.S.: Jagooo, come tradurresti il titolo?