Sai, non ti ci vedo a venirmi a trovare,
una domenica mattina di prima estate,
non ti ci vedo a cercarmi tra le lapidi,
" eppure sembrava questo il vialetto, o no, forse quest'altro..., ah eccolo, non ricordo mai...",
non ti ci vedo, dicevo, in questo cimitero suburbano,
tra le foto dei morti ed i lumini,
"questo com' era giovane e quest'altro, un incidente si vede, e questa bimba, col vestito della
comunione..."
non ti ci vedo
cambiarmi l'acqua ai fiori, togliermi la polvere dalla foto
dove ti guardo rassegnato. ( che potrei fare? son morto e... seppellito).
Ah, già te ne vai... eh, te pareva
di fretta, questa visita festiva...
un impegno urgente... , il traffico domenicale...
Comunque, grazie,e non dimenticare...
anche da morto
io ti posso amare.
.
Non c'è niente da fare. Sai scrivere.
RispondiEliminaQuando ha l'intenzione vera di farlo, Ipaz.
RispondiEliminakk
Allora, eccoci qua, di fronte al vero te.
RispondiEliminaEsce difficilmente fuori, in genere lo nascondi bene, lo mascheri, lo ironizzi, ma è questo quello vero, quello a cui dovresti dare la tua priorità e magari uscirebbero fuori da questa persona che sei e che talvolta rinneghi, delle parole un poco più serene di queste, meno dolorose, ma altrettanto vibranti.
Sono arrivata a dirti cosa penso della tua poesia in modo un po' indiretto, forse: aggiustiamo il tiro, anche perché non ho finito di dirti cosa ne penso, non completamente.
L'incipit è molto imponente e di forte richiamo. Attrae immediatamente e ipnotizza: continuare la lettura rimane la cosa più importante da fare. Cosa si stava facendo-cercando-leggendo prima? Non lo si sa più. Certo l'argomento e la situazione non sono tra i più aulici, ma sono comunque un mezzo per esprimere un sentimento, uno stato d'animo, un'idea, un disagio che si prova. Quanto sia reale può saperlo solo l'autore, noi possiamo interpretare lo stato d'animo, il disagio, secondo il nostro stato d'animo ed il nostro disagio.
Prosegue e si snoda il resto della poesia con l'anafora in incipit (a me piacciono molto le anafore. Attribuiscono allo scritto una ossessività che talvolta è funzionale alla poesia) e assonanze sillabiche nei singoli versi.
Sono molto vivide le immagini e tutta la poesia è quasi una rappresentazione a due voci: la tua e quella - che è però una tua proiezione - della donna che ti cerca.
L'impressione generale comunque è di un forte attaccamento alla vita anche del “morto e seppellito”, che non ci conta sulle visite domenicali, frettolose per le necessità che ci distraggono, (è metafora forse delle attenzioni quotidiane, il cambiare l'acqua ai fiori, togliere la polvere dalla foto? Dell'immobilismo per il quale non riusciamo a esprimerci nei nostri bisogni quel tuo guardare “rassegnato”?), ma lancia comunque il suo messaggio nella strofa finale: “anche da morto / io ti posso amare”. Ma se è vero quel che dice Noteboom, “i morti non possono lasciarsi ricadere / e nemmeno nient'altro possono fare”, non possono neppure amare. Quindi quel tuo ultimo messaggio è quasi una richiesta di una mano tesa.
Dal punto di vista della stesura, trovo qualche sbavatura nella scelta del fine verso e limiterei/sostituirei l'uso dei puntini sospensivi, ma è comunque una bella lettura. Grazie, Jago.
Per kk: ed era questo il caso?
RispondiEliminaEra il caso, era il caso...
RispondiEliminaE grazie per la bella critica.
Vi aspetto , e non scordate i fiori.
Si, Ipaz, stavolta lo voleva proprio Jago. Lo si sente da quello che ti nasce dentro quando leggi i suoi versi.
RispondiEliminakk
Jago sono fuori zona: non contare su di me.
RispondiEliminaSai però dove trovarmi.
Carla (o kk)