Donald
Caswell's Why I Am a Poet
I am a poet. I am not a carpenter. Sometimes I think I
would rather be a carpenter, but I am not. For instance, Gene, my carpenter
friend, is building a house. I drop in. He gives me a hammer and says,
"Start pounding." I pound; we pound. I look up. "Where's the
roof?" "I'm not that far, yet," he says. I go and the days go by
and I drop in again. The roof is up and I go and the days go by and I start a
poem. I am thinking of stars and I write a poem about stars. I grab a
typewriter and start pounding. Soon there are pages, acres of words about stars
and the coffee is gone, so I go to a restaurant. And I buy a beer and the woman
next to me tells me how she was raped by her stepfather when she was twelve, so
she ran away with an ex-con who got popped again for cocaine and left her
pregnant, so she married a GI and moved to Germany, where the baby died of
kidney failure, so she came home to live with her mother. And I drink a lot of
beers. Then I go outside and lie in a vacant lot looking up at the stars, thinking
how many they are and what a wonderful poem they would make. And I fall asleep
with a beer in my hand. In the morning, the beer, the stars, and my wallet are
gone, so I go to see Gene, and the house is finished. A family is living there,
and they show me their dog. There are flowers blooming; cabbage is cooking in
the kitchen. So I go home and write another poem. And one day Gene drops in. He
looks at the poem and now it is twelve poems, all neatly stacked and ready to
be read and he asks, "Where are the stars?" And I say, "I'm not
that far yet."
Donald Caswell's Perchè sono
un poeta
Sono un poeta. Non sono un falegname.
Qualche volta penso sarebbe meglio fossi un falegname
ma non lo sono. Per esempio, Gene, il mio amico falegname, sta costruendo una casa. Faccio un salto da lui. Che mi
dà un martello e mi dice, “Martella.” Io martello; noi martelliamo. Io guardo in su. “Dov’è il tetto?” “Non ci sono
lontano”, dice. Io vado via e i giorni
passano ed io piombo di nuovo da lui. Il tetto è lì ed io vado e i giorni
passano ed io comincio una poesia. Sto
pensando alle stelle così comincio una poesia sulle stelle. Afferro una macchina per scrivere e comincio a
battere. Presto compaiono pagine, acri di parole sulle stelle e il caffè è finito così vado al ristorante. E compro
una birra e la donna accanto a me mi
racconta come fu violentata dal suo patrigno quando aveva dodici anni, così lei
andò via con un ex carcerato che si
fece beccare di nuovo con la cocaina e la lasciò incinta, così lei sposò un GI e andò in Germania, dove
il bimbo morì per una insufficienza renale, così lei tornò a casa a vivere con sua madre.
Ed io bevo molte birre. E vado fuori
e giaccio in un recinto vuoto guardando le stelle, pensando a quanti milioni sono e a che bel poema scaturirà da loro.
E mi addormento con la birra in
mano. Al mattino, la birra, le stelle e il mio portafogli sono spariti, così vado a trovare Gene, e la casa è
finita. Una famiglia ci vive e mi mostra il suo cane. Ci sono fiori in boccio; il cavolo sta cuocendo in cucina. Così
vado a casa e scrivo un’altra poesia. E
un giorno Gene piomba da me. Egli guarda la poesia ed ora sono dodici poesie,
tutte graziosamente l’una sull’altra e pronte da leggere ed egli chiede, “ Dove
sono le stelle?” E io dico, “ Non ci
sono lontano.”
Traduzione di Ipazia
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