venerdì 14 marzo 2014

Perchè sono un poeta



Donald Caswell's Why I Am a Poet
I am a poet. I am not a carpenter. Sometimes I think I would rather be a carpenter, but I am not. For instance, Gene, my carpenter friend, is building a house. I drop in. He gives me a hammer and says, "Start pounding." I pound; we pound. I look up. "Where's the roof?" "I'm not that far, yet," he says. I go and the days go by and I drop in again. The roof is up and I go and the days go by and I start a poem. I am thinking of stars and I write a poem about stars. I grab a typewriter and start pounding. Soon there are pages, acres of words about stars and the coffee is gone, so I go to a restaurant. And I buy a beer and the woman next to me tells me how she was raped by her stepfather when she was twelve, so she ran away with an ex-con who got popped again for cocaine and left her pregnant, so she married a GI and moved to Germany, where the baby died of kidney failure, so she came home to live with her mother. And I drink a lot of beers. Then I go outside and lie in a vacant lot looking up at the stars, thinking how many they are and what a wonderful poem they would make. And I fall asleep with a beer in my hand. In the morning, the beer, the stars, and my wallet are gone, so I go to see Gene, and the house is finished. A family is living there, and they show me their dog. There are flowers blooming; cabbage is cooking in the kitchen. So I go home and write another poem. And one day Gene drops in. He looks at the poem and now it is twelve poems, all neatly stacked and ready to be read and he asks, "Where are the stars?" And I say, "I'm not that far yet."

Donald Caswell's Perchè sono un poeta
               
                Sono un poeta. Non sono un falegname. Qualche volta penso sarebbe meglio fossi un   falegname ma non lo sono. Per esempio, Gene, il mio amico falegname, sta costruendo una            casa. Faccio un salto da lui. Che mi dà un martello e mi dice, “Martella.” Io martello; noi       martelliamo. Io guardo in su. “Dov’è il tetto?” “Non ci sono lontano”, dice. Io vado via e i   giorni passano ed io piombo di nuovo da lui. Il tetto è lì ed io vado e i giorni passano ed io comincio una poesia. Sto pensando alle stelle così comincio una poesia sulle stelle. Afferro      una macchina per scrivere e comincio a battere. Presto compaiono pagine, acri di parole   sulle stelle e il caffè è finito così vado al ristorante. E compro una birra e la donna accanto a me mi racconta come fu violentata dal suo patrigno quando aveva dodici anni, così lei andò    via con un ex carcerato che si fece beccare di nuovo con la cocaina e la lasciò incinta, così         lei sposò un GI e andò in Germania, dove il bimbo morì per una insufficienza renale, così lei            tornò a casa a vivere con sua madre.
            Ed io bevo molte birre. E vado fuori e giaccio in un recinto vuoto guardando le stelle,   pensando a quanti milioni sono e a che bel poema scaturirà da loro.
            E mi addormento con la birra in mano. Al mattino, la birra, le stelle e il mio portafogli sono    spariti, così vado a trovare Gene, e la casa è finita. Una famiglia ci vive e mi mostra il suo   cane. Ci sono fiori in boccio; il cavolo sta cuocendo in cucina. Così vado a casa e scrivo    un’altra poesia. E un giorno Gene piomba da me. Egli guarda la poesia ed ora  sono dodici            poesie, tutte graziosamente l’una sull’altra e pronte da leggere ed egli chiede, “ Dove sono   le stelle?” E io dico, “ Non ci sono lontano.”

            Traduzione di Ipazia

            

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