domenica 23 marzo 2014

PETER RILEY, BREAKFAST at SIBIU, from THE DANCE at MOCIU, trad. A. Pancirolii



Breakfat at Sibiu

La "pensioncina" nella città vecchia, una quantità di tetti rossi precipiti sulla collina, non serviva la colazione. Era solo una stanza vecchiotta al secondo piano sul cui muro stava un arazzo con un grande cervo maschio, una assortita rimanenza di vecchia mobilia, ed uno smilzo balconcino che dava proprio sui tetti rossi. Qui sedevamo alla sera, con un pasto caldo  e pane ed un vino rosso dolce immersi in un silenzio cittadino assai raro nella città da dove venivamo, un paesaggio  cittadino sonoro  fatto solo di voci e di passi. Ogni mattina facevamo una passeggiata sino al centro città, sui marciapiedi selciati, sotto le alte case barocche fino al caffè-bar nella piazza centrale, e ci sedevamo fuori nelle calde mattine di maggio. Molti segni di povertà e miseria.

...facevamo colazione con caffè, omelette e crauti ( che arrivavano non richiesti) serviti al tavolo. I crauti erano un promemoria che questa era stata una città tedesca, come era ancora la sua architettura, e la maggior parte dei segnali stradali e degli avvisi ufficiali erano ancora bilingui, ma tutti i tedeschi erano scappati.

 Due ragazzini si avvicinarono e si fermarono accanto al tavolo, chiedendo silenziosamente qualcosa da mangiare. Ciò era evidentemente accettato come normale dai proprietari e dagli altri clienti. Non era visto come un problema. Solo pochi altri tavoli erano occupati, sopratutto da bevitori che iniziavano la giornata.

Demmo loro qualche panino e dei crauti, che indicammo chiedendo " Li volete?" Sì, li volevano. Se ne presero una cucchiaiata sul pane e se ne andarono.

Un momento dopo  guardai alla mia sinistra  e li vidi, erano forse in otto, seduti al tavolo uno di fronte all'altro mangiando pane e crauti, e sembravano  molto felici,sorridendo radiosamente .Avevano ottenuto la colazione. E non ci degnarono di un 'occhiata. Con noi avevano finito. Avevano chiesto, noi avevamo dato, finito. Nessun sentimento imbronciato o risentito: erano allegramente concentrati su loro stessi. Ora avevano la giornata di fronte a loro. Brillava per loro.

Mi ricordo di un ragazzo zingaro che mi aveva infastidito a Satu Mare quando ero appena arrivato e non avevo moneta rumena, ostinatamente al mio fianco qualsiasi strada prendessi, parlando continuamente, implorando - una recita, una recita necessaria - finchè si accontentò di qualche moneta ungherese, praticamente di nessun valore. E due ore dopo lo incontrammo di nuovo mentre attraversavamo la piazza del paese e ci sorrise allegramente e ci gridò "Ciao!". Nessun residuo, nessun senso di colpa, nessun risentimento - normale vita che se ne va per gli affari suoi. Necessità piuttosto che disperazione.

E mi vennero in mente gli altri mendicanti che avevamo incontrato, a Bucarest e a Tirgu Mures, professionisti, che spingevano tronconi di gamba sul marciapiede, camminavano con le stampelle al livello dei fianchi di altra gente, uno di loro così deforme che pensai  dapprima che fosse teatro di strada, e una ragazza zingara che camminava sulle mani a  Huedin... E chiesi ai nostri amici di Tirgu Mures ," C'è una quantità di mendicanti, pensate che sia indispensabile?"
Sì, è indispensabile.

Ed essere indispensabile è molto difficile, ma non lascia alcun residuo.






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