I MONUMENTI DI BRANCUSI A TIRGU JIU
Constantin Brancusi / Self Portrait |
Tutte le guide turistiche lo dicono, questo è tutto quello che la città può offrire. Tutto quello che ha, glielo ha donato Brancusi: un arco di pietra, un viale, un tavolo di pietra con dieci sedili intorno dal'altra parte della città, una colona d'acciaio alta e slanciata.
Un arco di calcare quadrato attraverso il quale si entra in un viale ricavato tra gli alberi del parco cittadino, con panchine in pietra poste a delimitarne i margini, viale che conduce ,sul lato più lontano del parco, ad un tavolo di pietra circolare, il Tavolo del Silenzio, con intorno dieci sedili simili, appena prima di un argine erboso. Risalendo l'argine si trova il fiume, assai ampio qui, qualche fabbrica e qualche palazzo in lontananza sulla riva opposta.Volgendosi e guardando indietro il viale verso l'arco vi troverete rivolti verso la Colonna Senza Fine, dall'altra parte della città, ma non riuscirete a vederla.
L'arco (come la colona) è una costruzione di disegni. Linee verticali che girano come a drappeggiare su cerchi verticalmente divisi in due e descrivono un'armonia platonica proposta come il fondamento di una nuova struttura pubblica, alla fine della guerra. La colonna, che tu la veda o che tu la conosca, al di là dei palazzi sull'altro lato della linea ferroviaria, è un segno di appartenenza definitiva, la croce del "qui" che arriva sino al cielo. Se non la conosci, o non riesci a vederla, non sarai in sintonia con la città.
Io sono veramente soddisfatto della città.
Risiedevamo in un mostruoso albergo in cemento appartenuto al Partito pieno di spazi inutilizzati e scale buie. A sera uscivamo dall'hotel spinti dalla fame, per vagare nel grande spazio centrale della città cercando inutilmente un posto dove mangiare ( nessuno può permettersi di mangiare fuori nelle città romene), e ammiravamo tuttavia il grande spazio pubblico privo di traffico con la gente che passeggia e ragazzini in bicicletta, come se una moderata povertà favorisca la calma e la sicurezza.
Poi vedevamo un paio di coffee bar prossimi alla chiusura, un fornitissimo negozio di alimentari, ci compravamo in una piccola bottega una bottiglia di vino rosso dolce e trovavamo alla fine una piccola pizzeria di fronte all'albergo, amichevole e lenta. E ho dovuto ammettere che qui ero un ricco, quando in patria non potevo permettermi niente. Ed essere ricco con niente da poter comprare mi ha rimesso al mio posto.
E tornavamo ad aprire la finestra al secondo piano per guardare fuori mentre sorgeva l'oscurità tra gli edifici sotto di noi, che sembravano scarsamente abitati se non del tutto vuoti,i giardini trascurati, i corvi sulle cime degli alberi sopra le strutture di Brancusi che facevano un fracasso del diavolo.
La mattina seguente la terza battaglia per farci comprendere colazione produsse infine una ...salsiccia.
Sedevamo a tavola su di un lato di una tetra, buia, inutilizzata sala da ballo con un bar assai sfornito, un televisore a tutto volume come sempre ed un palco vuoto in cui faceva mostra di sè un tappeto. Tutti le altre persone erano di sesso maschile e assomigliavano a lavoratori immigrati. Sulla parete marrone, dietro a dove l'ultima band aveva suonato, erano rimaste incollate delle stelle di carta argentata , piuttosto lacere adesso, e sembrava come se qualcuno le avesse tagliate con le forbici da un incarto della cioccolata.
Ma quella splendente luce del mattino che rende un bel luogo ogni misera città, ci rimise in sesto. L' Arco dell Abbraccio, di nuovo il viale, il tavolo di pietra vuoto e silenzioso come se stesse aspettando per settanta anni l' incontro che risolverà tutte le nostre divergenze. Seguiamo le istruzioni di Brancusi e camminiamo lungo il viale fino a passare sotto l'arco e poi dritti attraverso la città: oltre l'albergo, attraverso la piazza della cittadina ed i suoi negozi mezzi vuoti in un distratto movimento mattutino; poi una strada di palazzi di non meglio specificate istituzioni, fino a deviare sull'altro lato di una sgraziata chiesa del 19° secolo, a di nuovo dritti attraverso i piccoli sobborghi del centro, un pò di case rurali, ed infine attraversiamo la ferrovia dove la strada finisce nell'altro parco, l'altro spazio. E lì, di fronte a noi, mezzo chilometro di erba alta, la colonna.
La colonna è racchiusa da una impalcatura. Un campo di baracche temporanee e grandi roulotte delimitati in una barriera d'acciaio si stendeva ai suoi piedi. Osservare attraverso l'impalcatura permette di vedere che la colonna è completamente impacchettata, ed è invisibile. Un avviso multilingue spiega che la colonna deve essere restaurata poiché stata attaccata dalla ruggine. L'impresa di restauro ha sede a Parigi e gode di finanziamenti internazionali da parte dell' Europa occidentale. Un messaggio da posti dove siamo sempre in cerca di ragioni per spendere denaro.
E cosa accade agli schemi di Brancusi, ai suoi interventi allegorici, quando non hai in mano nessuna delle sue affermazioni o nessuna delle analisi artistiche mondiali ma te ne stai in una abbastanza desolata città romena avvolta nei suoi imperscrutabili affari in una mite mattina con queste forme e queste linee di fronte ai tuoi occhi, che non sono così differenti dopo tutto dalla maggior parte delle forme e delle linee che possiamo vedere in tutto il mondo, nei parchi di piccoli paesi, negli alberi..(omissis).sempre che tu possa vederle?
... Ma cosa vedi, quella particolare linea curva che taglia in due quel cerchio che si ingrandisce in maniera unica nel travertino color panna lucido come la lucentezza della pelle umana... diagrammi di affetto che prendono il posto dei trionfi di un arco militare, una nuova fondazione dello stato... Io penso che queste semplici forme ci convincono che ciò che condividiamo in generale è il vero fondamento di quel che siamo.
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Il restauro della Colonna senza Fine ( In Inglese)
Peter Riley sul blog riley-dawn-crows-of-cluj
KALOTASGEZ
OCNA SPA
i-am-poet-from-carpathian
Io sono veramente soddisfatto della città.
Risiedevamo in un mostruoso albergo in cemento appartenuto al Partito pieno di spazi inutilizzati e scale buie. A sera uscivamo dall'hotel spinti dalla fame, per vagare nel grande spazio centrale della città cercando inutilmente un posto dove mangiare ( nessuno può permettersi di mangiare fuori nelle città romene), e ammiravamo tuttavia il grande spazio pubblico privo di traffico con la gente che passeggia e ragazzini in bicicletta, come se una moderata povertà favorisca la calma e la sicurezza.
Poi vedevamo un paio di coffee bar prossimi alla chiusura, un fornitissimo negozio di alimentari, ci compravamo in una piccola bottega una bottiglia di vino rosso dolce e trovavamo alla fine una piccola pizzeria di fronte all'albergo, amichevole e lenta. E ho dovuto ammettere che qui ero un ricco, quando in patria non potevo permettermi niente. Ed essere ricco con niente da poter comprare mi ha rimesso al mio posto.
E tornavamo ad aprire la finestra al secondo piano per guardare fuori mentre sorgeva l'oscurità tra gli edifici sotto di noi, che sembravano scarsamente abitati se non del tutto vuoti,i giardini trascurati, i corvi sulle cime degli alberi sopra le strutture di Brancusi che facevano un fracasso del diavolo.
La mattina seguente la terza battaglia per farci comprendere colazione produsse infine una ...salsiccia.
Sedevamo a tavola su di un lato di una tetra, buia, inutilizzata sala da ballo con un bar assai sfornito, un televisore a tutto volume come sempre ed un palco vuoto in cui faceva mostra di sè un tappeto. Tutti le altre persone erano di sesso maschile e assomigliavano a lavoratori immigrati. Sulla parete marrone, dietro a dove l'ultima band aveva suonato, erano rimaste incollate delle stelle di carta argentata , piuttosto lacere adesso, e sembrava come se qualcuno le avesse tagliate con le forbici da un incarto della cioccolata.
Ma quella splendente luce del mattino che rende un bel luogo ogni misera città, ci rimise in sesto. L' Arco dell Abbraccio, di nuovo il viale, il tavolo di pietra vuoto e silenzioso come se stesse aspettando per settanta anni l' incontro che risolverà tutte le nostre divergenze. Seguiamo le istruzioni di Brancusi e camminiamo lungo il viale fino a passare sotto l'arco e poi dritti attraverso la città: oltre l'albergo, attraverso la piazza della cittadina ed i suoi negozi mezzi vuoti in un distratto movimento mattutino; poi una strada di palazzi di non meglio specificate istituzioni, fino a deviare sull'altro lato di una sgraziata chiesa del 19° secolo, a di nuovo dritti attraverso i piccoli sobborghi del centro, un pò di case rurali, ed infine attraversiamo la ferrovia dove la strada finisce nell'altro parco, l'altro spazio. E lì, di fronte a noi, mezzo chilometro di erba alta, la colonna.
La colonna è racchiusa da una impalcatura. Un campo di baracche temporanee e grandi roulotte delimitati in una barriera d'acciaio si stendeva ai suoi piedi. Osservare attraverso l'impalcatura permette di vedere che la colonna è completamente impacchettata, ed è invisibile. Un avviso multilingue spiega che la colonna deve essere restaurata poiché stata attaccata dalla ruggine. L'impresa di restauro ha sede a Parigi e gode di finanziamenti internazionali da parte dell' Europa occidentale. Un messaggio da posti dove siamo sempre in cerca di ragioni per spendere denaro.
E cosa accade agli schemi di Brancusi, ai suoi interventi allegorici, quando non hai in mano nessuna delle sue affermazioni o nessuna delle analisi artistiche mondiali ma te ne stai in una abbastanza desolata città romena avvolta nei suoi imperscrutabili affari in una mite mattina con queste forme e queste linee di fronte ai tuoi occhi, che non sono così differenti dopo tutto dalla maggior parte delle forme e delle linee che possiamo vedere in tutto il mondo, nei parchi di piccoli paesi, negli alberi..(omissis).sempre che tu possa vederle?
... Ma cosa vedi, quella particolare linea curva che taglia in due quel cerchio che si ingrandisce in maniera unica nel travertino color panna lucido come la lucentezza della pelle umana... diagrammi di affetto che prendono il posto dei trionfi di un arco militare, una nuova fondazione dello stato... Io penso che queste semplici forme ci convincono che ciò che condividiamo in generale è il vero fondamento di quel che siamo.
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Il restauro della Colonna senza Fine ( In Inglese)
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