sabato 12 agosto 2017

La lírica está muerta, di Ezequiel Zaidenwerg, traduzione A. Panciroli



La poesia lirica è morta:

                                 restò
bloccata in un gorgo ipnotico del sogno,
mentre oltre il coagulo finale della coscienza,
intorno al letto col baldacchino d'argento,
accanto al povero letto di legno e spina,
si riunirono i parenti,
aspettando il momento  di
aprire la successione.

                                   Con tutti gli umani sensi esauriti,
la capsula di vento che possedeva il suo spirito,
si alzò  come la brezza, intrisa in una folata
centrifuga di luce, proprio come Elia nella tempesta, rapito
sopra un carro di fuoco.
                                   
                                      E anche se la vita morì,
non lasciò pieno conforto il suo ricordo: nessuno divise le acque,
ne sorse  un Eliseo come successore.
                           
                                       Estranei al prodigio,
nel complotto, presero il cadavere
e chiamarono un impostore per dettare un falso testamento,
che si coprì con una coperta, tiepida
tuttavia.

         La poesia lirica
è morta. "Di morte naturale",
come dichiararono  attraverso un portavoce,
" dopo aver combattuto per molti anni
contro una crudele malattia"

    ( Fine del comunicato)

" Con profondo
cordoglio, i figli e le figlie,
i nipoti e le nipoti e il  devoto marito
annunciano la sua dipartita
e chiedono una preghiera in sua memoria"

                                                   E' morta
la poesia. E' già un secolo e mezzo,
e per quanto i suoi eredi sembrano essere comunque gli stessi
-  anche se non hanno i capelli bianchi e camminano dritti, senza bisogno di aiuto -,
solo ora il processo
( successione ab intestato della poesia)
dopo mille e una offensive giudiziarie,
ha avuto  una sentenza definitiva, ed è possibile dare corso
alla liquidazione definitiva del patrimonio ereditario.

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Ezequiel  Zaidenwerg






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