domenica 30 dicembre 2012

Auguri per un buon 2013!



Bruciando il Vecchio Anno
di Naomi Shihab Nye

Le lettere inghiottono se stesse in pochi secondi.
Biglietti amici legati alla maniglia,
carta scarlatta trasparente,
sfrigolano come ali di falena,
sposano l'aria.

Così tanto di ogni anno è infiammabile,
liste di ortaggi, poesie mai finite.
Fiamma arancione turbinante dei giorni,
così poco è una pietra.

Laddove c'era qualcosa e all'istante non c'è più,
un'assenza urla, festeggia, lascia uno spazio.
Io comincio di nuovo con numeri più piccoli.

Danza veloce, mescolanza di perdite e foglie
soltanto le cose che non feci
crepitano dopo il rosso che muore.

Traduzione di Ipazia

Burning the Old Year
by Naomi Shihab Nye

Letters swallow themselves in seconds.
Notes friends tied to the doorknob,
transparent scarlet paper,
sizzle like moth wings,
marry the air.

So much of any year is flammable,
list of vegetables, partial poems.
Orange swirling flame of days,
so little is a stone.

Where there was something and suddenly isn't,
an absence shouts, celebrates, leaves a space.
I begin again with the smallest numbers.

Quick dance, shuffle of losses and leaves,
only the things I didn't do
crackle after the blazing dies.





sabato 29 dicembre 2012

Peter Riley, NEA KIOS (2)





Villaggio Coppola, Caserta / foto tratta da Piemonte Parchi
Elaborazione A. Panciroli



Coming down that little road
to the sea near Mili, that calm, level,
vast pool of light before us.

Coming down that little road
and later walking the dark shore
near the abandoned factory, a few waders
in the shallows, perhaps a spoonbill.

How the money came and slopped around shouting “new”
and was gone. Where did it go?
Debris scattered on the shore,
and the bright white new apartment blocks,
standing in the waste land like refrigerators,
like sealed money-boxes.


The truth is always just outside
the lines or boundaries of the land,
the forms of, tales of, melodies, of.
That little, final, road. A heron
standing knee-deep in the light,
carefully studying it.




Scendiamo per quella piccola strada che
porta al mare vicino Mili, quella quieta, calma
immensa polla di luce di fronte a noi.

Scendiamo per quella piccola strada
e più tardi camminiamo sulla spiaggia buia
accanto alla fabbrica abbandonata, pochi trampolieri
nell'acqua bassa, forse una spatula.

Come fu che il denaro giunse e traboccò gridando "nuovo"
e poi scomparve. Dove se ne andò?
Detriti sparsi sulla riva,
e  palazzi bianchi e luminosi di nuovi appartamenti.
sparsi nella landa desolata simili a frigoriferi,
simili a salvadanai sigillati.

La verità è sempre appena oltre
i limiti ed i confini della terra,
delle sue forme, delle sue storie, delle, sue, melodie.
Quella piccola, ultima strada. Un airone
si guarda intorno curioso,
sprofondato nella luce.





lunedì 24 dicembre 2012

sabato 22 dicembre 2012

Peter Riley, THIS HOUSE ON A GREEK HILLSIDE...





This House…


This house on a Greek hillside with its geckos and millipedes
wind bringing rain down from the mountains, the shutters
closed at night. Me with my mill-talk quieted, lying here
in the night and weather trying not to remember
trying to forget failed claims pains of inarticulation
and true attachments. I don’t forget. I don’t remember very well.



Questa casa su una collina greca con i suoi gechi i suoi millepiedi
il vento che fa scendere  la pioggia dalle montagne, le finestre
sbarrate di notte. Io finalmente in silenzio, me ne sto qui
nella notte e nel tempo  e cerco di non ricordare
cerco di dimenticare  speranze deluse  dolore della incoerenza
 affetti sinceri. Non dimentico. Non ricordo molto bene.


There were never any gods of rain, peasant of the elements
who gets on with the allotted task and washes the white stones
on the red path, slides them down the hill. That rushing sound.
That particular brow. Unerasable intimacy. Far from here
northern town cold night wet streets curtains closed glow
of radiator red in dark room, illuminating the hangings.




Non c'è mai stato alcun dio della pioggia, qualcuno che
continui a fare il compito assegnato, e dilavi i calcari bianchi
sul sentiero rosso, che li faccia franare dalla collina. Quel
rumore che precipita, quella precisa, particolare vetta.
L' intimità incancellabile. Lontano da qui una città del nord
una notte fredda   strade bagnate  tende chiuse
nella stanza buia la  spia rossa del termostato che
                                           illumina la tappezzeria.



a voice for ever, a voice at large, in the mountain sides
the small mills in stream clefts turning their wheels at night, that
rushing, hollow sound. A double voice of solitude and connection
melancholy and ecstasy writes itself into channels of the earth
and dream between walls at night of distant points of contact.



una voce per sempre, una voce libera, di notte sui fianchi della
montagna le ruote dei mulini iniziano a girare sulle forre del
ruscello,quel suono cupo, quel rombo. Una doppia voce di
solitudine e legami malinconia ed estasi scrive se stessa nei
canali della terra e del sogno la notte tra le mura  di distanti
 punti di contatto.

                                                                                     

This house on a Greek hillside with its geckos and millipedes

and painted walls. The vast wars raging across the earth
the law of the heavier weapon . . . When the heroes come we run
and hide,
we peasant faces, irrelevant elements, we are lost and done for
and kick stones in the road, the dirt road that winds up
into the hills. Our sighs run back down the meadow.


Questa casa su una collina greca con i suoi gechi i suoi millepiedi
i suoi muri dipinti ..

Qui la traduzione termina.
Troppo oscura, troppo intensa, troppo personale la poetica di
Peter Riley per poterla rendere compiutamente in italiano
 ( o in qualsiasi altra lingua, temo).
Una resa , una resa senza condizioni...




The god’s eyes looking suddenly up to us in the carved stone,
the warm air wafted up from the heater, stirring a few cobwebs
on the ceiling rose. Two fires signaling across Europe.
I’m twisting my voice out of its body to rescue a glimmer of
recognition
from the blasts of warfare. I’m working hard at this:
I’m not singing and not shouting. I’m looking for a stone.


All the pebbles I’ve picked up from all the desolate shorelines of
Europe,
a worn grey stone with a straight white line across it from Denmark
I press this stone into the world body, the dark mass,
to make there a small silence, in which we can hear
the faint sounds the insects make, the grasses hissing in the wind
the unrepresented voices of the generations. In the hard edge

Of this sphere the dead also speak, massed seeds in flower heads,
and in this seeking to gain a recognition, to participate in a chorus
which strips me of sad particulars, and address the gods,
by stones, yellow flowers, CD players, anything that works and say
that in the orkestra my guilt will modulate into the collective.
Well it may, or some other voice while the sun
drives under the earth and we tune our voices to its echo.
Voices working together, for an honest peace, for sense
in the structure, for tangle threads that connect across the indigo.


















domenica 16 dicembre 2012

LA SCADENZA DI NERONE



Non si turbò Nerone, nell'udire
il vaticinio delfico:
"Dei settantatrè anni abbia paura".
Aveva tempo ancora di godere.
Ha trent'anni. Assai lunga 
è la scadenza che concede il dio,
per angosciarsi dei rischi futuri.

Ora ritornerà a Roma, un poco stanco,
divinamente stanco di quel viaggio,
che fu tutto giornate di piacere,
nei giardini, ai teatri, nei ginnasi...
Sere della città d'Acaia...Oh gusto,
gusto dei corpi nudi, innanzitutto...

Così Nerone.  Nella Spagna, Galba
segretamente aduna le sue truppe
e le tempra, il vegliardo d'anni settantatrè.

Costantino Kavafis

mercoledì 12 dicembre 2012

Peter Riley, NEA KIOS (1) trad. A Panciroli


NEA KIOS (1)

Great curve of bay, great curve of disco bars, with
yard depots further back, old tourism clutter in heaps,
separated by a perimeter fence and a bunch of reeds
from the remains of the Lake of Lerna. Still water,
choked, smoke rising beyond the westward horizon
and a bell ringing.

An ancestral immunity to malaria (many-headed beast)
among fishers and tenders of small water-mills,
not shared with passing geographers and exiled dramatists...

Last juice of Mycenae trickling down from the hills,
oil snake on the water, what form of world leads us
out of this, what demography carries the soul westward?
      “But if the entire Manifest
       of the world is absorbed into gold,
       the world will be destroyed.”
The disco bars are magnificent architectural fantasies
in honour of the young heart bags of cash and great balls of fire.










L' ampia curva della baia,  l' ampia curva delle discoteche, e
nel retro i depositi dei cantieri,  il disordine di un turismo
                                            ormai svanito in  cumuli di terra,
separato da un muro di cinta e da un ciuffo di canne da
quel che rimane del lago di Lerna. Ancora acqua,
stagnante, il fumo che sale  verso ovest, verso l' orizzonte,
ed il suono di una campana.

Un' immunità ancestrale alla malaria ( bestia dalle molte teste)
tra i pescatori ed i mugnai dei piccoli mulini ad acqua,
non condivisa con  geografi di passaggio e drammaturghi esiliati...

L'ultimo succo di Micene  che cola dalle colline,
serpente d' olio sull'acqua, quale  forma del mondo  ci porta
via da questo, quale demografia conduce l'anima verso occidente?
         " Ma se l'intero Manifesto
          del mondo è fagocitato dall'oro,
          il mondo sarà distrutto."
Le discoteche  sono magnifiche fantasie architettoniche
in onore del giovane cuore sacchi di dollari e grandi vampate di fuoco.
                       
Proofreading and editing: Marilia Aricò


domenica 9 dicembre 2012

Peter Riley, GREEK PASSAGES




Una magnifica serie di "passaggi" in Grecia del prolifico poeta inglese Peter Riley.

Greek Passages (First Part)

10 Preludes
Exománi 2002



There was no journey. The moment we opened our eyes he was there / in the colours across the bay / the red on the blue /Trinakrian Sea, its / turning islands // Bringing trouble. That lives here like a stone. / Bringing upright posture, anxiety and longed-for repose. That live here like the flowers of the mountain.

Non ci fu alcun viaggio. Nel momento in cui aprimmo gli occhi lui era lì / nei colori traverso la baia / il rosso sul blu /  il Mare di Trinacria, le sue / isole frastagliate / Portava dolore. / Che vive qui come una roccia. / Portava una postura eretta, ansia ed una quiete tanto attesa. Che vivono qui come i fiori della montagna.

                                                          

                                           *   *   *                   

                                                                            
At dawn, a white light on the top of a mountain / things start to move / an old woman side-flank on a donkey, at dawn /wobbling up the mountain, picking over the stones / a Mercedes glides past, the light there / in her eye ever shining //Slowness of the dawn beetle / western promise / worth goat-dung.

All'alba, una luce bianca sulla vetta di una montagna / le cose iniziano a muoversi / una vecchia di traverso su un asinello, all' alba / oscillando su per la montagna, raccogliendo  pietre / Una Mercedes  le scivola dietro, la luce lì / nei suoi occhi sempre splendenti // Lentezza  dello scarabeo all' alba /  promessa occidentale / pregevole sterco di capra.



mercoledì 5 dicembre 2012

ISOLE



ISOLE


Non fermarti sull'orlo delle cose disse la signorina Emily
alla signorina Bishop, ma nemmeno avanza con imprudenza
verso l'abisso delle parole, disse la signorina Bishop
alla signorina Emily. Le due si inseguivano come il sì e il no
di una margherita, entrambe avevano una collezione di farfalle
con insinuazioni. Non illuminarti con il celeste
disse la signorina gotica alla signorina mappa dell'isola,
così si parlavano dandosi del tu con l'oscurità
le umili contadine alla fiera del sole.

Alexandra Dominguez (Cile)




http://www.casadellapoesia/No te quedes al borde de las cosas le dijo la señorita Emily


lunedì 3 dicembre 2012

da UBUWEB, The sound of someone you love who's going away and it doesn't matter




-The-Sound-Of-Someone-You-Love-Who's-Going-Away-And-It-Doesn't-Matter






Obscure No. 7: Music from the Penguin Café (1976) 

Composed By – Giles Farnaby











Ukulele – Neil Rennie 
Bass, Ukulele, Electric Piano, Percussion [Mouth], Vocals, Harmonica [Cheng], Effects [Ring Modulator] – Simon Jeffes (tracks: A2 to A8)>
Cello – Helen Liebmann
Composed By – Wright* (tracks: A1, B1 to B3), Liebmann* (tracks: A1, B1 to B3), Jeffes*, Nye* (tracks: A1, B1 to B3)
Electric Guitar – Simon Jeffes (tracks: A1, B1 to B3)
Electric Piano, Engineer – Steve Nye (tracks: A1, B1 to B3)>
Executive Producer – Brian Eno
Lyrics By – Neil Rennie (tracks: A2 to A4, A6)
Mixed By – Steve Nye (tracks: A2 to A8)
Performer – Penguin Café Orchestra*, Penguin Café Quartet* (tracks: A1, B1 to B3)
Producer – Simon Jeffes, Steve Nye
Violin – Gavin Wright*
Vocals – Emily Young (tracks: A2 to A8)
Recorded on location between 1974-1976 

Music From The Penguin Cafe was the first album by the Penguin Cafe Orchestra, and was recorded between 1974 and 1976, and released in 1976. The line-up for much of the album consisted of the original Penguin Cafe Quartet: Simon Jeffes (electric guitar), Helen Leibmann (Cello), Steve Nye (electric piano), and Gavyn Wright (violin). Tracks 2-8 were performed by the ensemble "Zopf", which included the members of the quartet as well as Neil Rennie (ukelele), and Emily Young (vocals). Later reissues have mistakenly listed those pieces as though they were movements of a suite entitled "Zopf", instead of being performed by them. 

The executive producer for the album was Brian Eno, who released this album on his experimental Obscure label, with catalogue number "Obscure 7". The original cover was by John Bonis. The reissue cover painting was by Emily Young. The album was later released on CD by E.G. Records in 1991 and later in remastered form in 2006 - both using the reissue cover instead of the original.