lunedì 3 giugno 2019
Nicholas Moore, LACRIMAE RERUM, Lacrimae rerum, II, trad.A.Panciroli
II
Penso alla signora Lewis in primavera
quando gli asfodeli fioriscono e
sulle isole greche appaiono i primi germogli,
spuntano i crochi, i capelli crisantini
di Anne o di Susan. Intanto si sente un ronzio
e nessuno sa, se di api o di maiali,
l'iterazione o il placido grugnito
e nessuno sa se è di nuovo in primo piano,
questo nostro mondo o sottosopra o cosa,
la leggenda di Alice o la grotta degli elfi,
e per ogni dove girovaghiamo stupiti
di quei corrotti calcoli e della loro strana
ubriaca frenesia nell'atmosfera che
neanche le feste di primavera riescono a spiegare;
e neppure perché lacrime di pietra cadono selvaggiamente a terra:
perché non vediamo il Minotauro?
III
Naturalmente,Picasso lo vide: E' evidente.
Lo vide come simbolo di tutto l'amore,
di tutta la distruzione, di tutta la disperazione dell'età
ormai incapace di affrontare
la giovinezza o di gioire nella danza
i suo trombettisti suonano ora, suonano quel jazz.
No, alla fine il vecchio è una testa
in una natura morta, barbuta, bella,
che non riesce a vedere la ragazza di fronte, pietra,
una morta testa posta di fianco a un vaso.
Non riesce a vedere la ragazza, i suoi capelli biondi,
o il patetico bambino in equilibrio su di una palla.
Nell'altro dipinto lo specchio lo tiene lontano,
lui indietreggia e si fa piccolo di fronte all'amore.
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