domenica 28 aprile 2019

LACRIMAE RERUM, Nicholas Moore, Yearning , trad. Alessandro Panciroli








  Lacrimae Rerum è l'ultimo libro di Nicholas  Moore, (1918-1986) , poeta inglese molto affermato  negli anni 40, tanto da essere paragonato a Dylan Thomas

 Contiene gli ultimi versi che faticosamente Moore , già molto malato e ricoverato in ospedale ,affidò all'amico Peter Riley, temendo che andassero persi.
 Il libro fu stampato nel 1988  da  Open Township e Poetical Histories, grazie ad una sottoscrizione tra gli scrittori inglesi, organizzata da  Riley , in 125 copie in edizione rilegata per i sottoscrittori, ed in 375 nella edizione ordinaria.



YEARNING

BRAMOSIA




                               Come una cerva bianca,  che cavalca il cielo  a grandi balzi,
in attesa dei cacciatori, prende un sentiero poi un altro,
in cerca di un posto sicuro; ben conscia
dei cacciatori in agguato, dell' aria infausta, fredda e
corrotta;  e sa già di dover camminare ben attenta
come  la Musa o  sarà uccisa.

Ma è l'essere vivi che celebriamo. Jimmy Rushing* canta
" Quando sento che stai arrivando il mio cuore perde un colpo.
quando non ti vedo riesco appena mangiare".
Il tumulto nel cuore
nasconde quel che la mente sa o quel che i sensi percepiscono,
la certezza della realtà; eppure senza
quel candido animale cosa rimane
per rendere  gustosa la vita o credibile
la verità? Viviamo e moriamo

e dobbiamo fare  il meglio che possiamo
e se la cerva è una immagine della verità
o della bellezza, o di quello che volete,
cosa fare senza di essa?

Ed allora cosa abbiamo senza 
se non una mera verità celata senza verità
la bellezza senza bellezza, la realtà senza realtà,
un mero miscuglio di violenza e trasgressione.
La realtà è  solo  cosa ne  facciamo:
cosa potremo fare senza uno scopo chiaro in vista,
e come potremo vivere se uccidiamo quel che inseguiamo?




*Jimmy Rushing (1901-1972), grande cantante nero di blue e jazz
  spesso citato da Moore, appassionato di jazz, in molte delle sue poesie


















sabato 20 aprile 2019

Alexander Knaifel - Lukomoriye - Bliss , da una poesia di Alexander Pushkin




Tatiana Melentieva, soprano
         Oleg Malov , piano





In un buio boschetto ombroso,
dove un ruscello splendente serpeggia
gorgogliando tra il dolce profumo dell'erba,
un pastorello innamorato suona
nella notte su un flauto di canne;
il languido gorgheggio del triste canto
echeggia nella valle remota....

All'improvviso il figlio di Ermes,
di Bacco e Venere seguace,
e capo dei fauni spensierati
esce di corsa dal fondo di una grotta

Le rose adornano le sue corna,
l' edera tra i capelli neri,
il Satiro porta sulle spalle 
una fiaschetta di pelle di capra piena di vino.


Nascosto dietro ai cespugli,
piegato su un nodoso ramo,
il  dio della foresta
ascoltava il canto notturno
segnando il ritmo della musica

" Giorni spesi  in allegria!
( il pastorello cantava tristemente)
dopo che sei apparsa come un sogno,
perché sei scomparsa  come un'ombra
e sei avvolta nell'oscurità eterna?

Ah! Quando lentamente  mano nella mano
camminavo con la dolce Cloe,
sotto la misteriosa luna,
nel buio della notte,
nella nera volta  del freddo boschetto,
mentre dormiva  in dolce silenzio,
chi poteva paragonarsi con me?
Ero amato da Cloe, allora!

Il suone del flauto di canna scomparve,
il cantore si fece silente e il silenzio
regnò nel bosco selvaggio.
Solo potevi ascoltare il soffio leggero della brezza
che creava increspature sull'acqua
e frusciare l'erba nei campi....

Lasciando la fitta volta degli alberi
apparve d'improvviso il Satiro;
porgeva la rotonda coppa dell'amicizia
scintillante di vino spumeggiante
egli disse col volto ingegnoso:
" Sei afflitto ,hai il cuore pesante;
guarda come è limpido il vino e 
spumeggiante, illuminato dalla luna!

Bevi da questa coppa e il tuo animo
altrettanto sarà limpido e chiaro.
Credimi: gemere nei tormenti è  inutile.
Molto, molto meglio stare allegri,
e  farsi degli amici con Bacco
quando sei triste!"

E il pastore, prendendo la coppa tra le mani
la bevve tutta d'un fiato.
Oh, il potere del vino!
Subito il dolore e la pena svanirono,
la tristezza sparì in un solo istante!
E avena appena portato il calice alle labbra
quando tutto cambiò in un momento,
tutta la natura torno a vivere,
il giovanetto era felice nel suo sogno!

Avendo bevuto dalla coppa dorata,
la riempì di nuovo,
poi ne bevve una terza..... ma tutto

intorno  a lui si offuscò -
e l'infelice giovane...era sfinito,
reclinando la stanca testa,

il pastore disse con un singhiozzo -
" Insegnami Satiro -
Come posso lottare contro il fato?
Come posso essere felice'

Non sono capace di bere per sempre"

" Ascolta, caro giovane,
ecco un consiglio un po' utile:
sempre viene dopo un momento di gioia,

ricorda le regole dell'amicizia:
senza vino non può esserci gaiezza,
ne c'è felicità  senza amore;

Così  vai e fai pace con Cupido

Dimentica i suoi  insulti
e sii di nuovo felice
tra le braccia di Doris!



 






mercoledì 17 aprile 2019

To a Dead Lover

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Do you know the pain of a lost love memory?

A un amante perduto
di Louise Bogan

Il buio è rigettato
Indietro dalla luce, come capelli
Buttati su una spalla.
Io sono sola,

Quattro anni più vecchia;
Come le sedie e le mura
Che vedevo illuminarsi
Con te accanto. Mi svegliavo
Non come ora, qualsiasi cosa giungesse
o venisse a mancare.

Lo stelo cresce, l'anno inutilmente va via.
Le mele arrivano, come il mese per la loro caduta.
I latrati si diffondono, le radici si irrigidiscono.
Se oggi sia l'ultimo giorno
O un qualsiasi domani
A te non importerà.

Che io possa non ricordare
Non importa.
Io non sarò con te di nuovo.
Ciò che sapevamo, persino ora
Deve disperdersi
E rovinarsi, e volar via
Come pulviscolo nella pioggia.

Tu sei morto da una lunga stagione
E hai meno desiderio di sapere
Chi era l'amante di chi;
E io ho la vita—quella vecchia ragione
Che ti fa aspettare ciò che è da venire,
E ciò che più non hai ti fa lasciare.

Traduzione di Ipazia



                                                For Marilia......





Originally published in Poetry, August 1922

To a Dead Lover
by Louise Bogan

The dark is thrown
Back from the brightness, like hair
Cast over a shoulder.
I am alone,

Four years older;
Like the chairs and the walls
Which I once watched brighten
With you beside me. I was to waken
Never like this, whatever came or was taken.

The stalk grows, the year beats on the wind.
Apples come, and the month for their fall.
The bark spreads, the roots tighten.
Though today be the last
Or tomorrow all,
You will not mind.

That I may not remember
Does not matter.
I shall not be with you again.
What we knew, even now
Must scatter
And be ruined, and blow
Like dust in the rain.

You have been dead a long season
And have less than desire
Who were lover with lover;
And I have life—that old reason
To wait for what comes,
To leave what is over.

sabato 13 aprile 2019

da THE UNTELLING di Mark Strand, traduzione A.Panciroli






Mark Strand



Alzò gli occhi dal foglio
e nella finestra vide se stesso.
Era una sera d' agosto
ed era stanco,
gli alberi oscillavano
il vento scosse la finestra.
Era tardi.
Non era importante.
Non avrebbe mai potuto raggiungere
il suo passato. 











giovedì 4 aprile 2019

Masolino, da HORROR VACUI di Leonardo Sinisgalli



Masolino - Gli angeli
Battistero di Castiglione Olona







MASOLINO. - Io mi ricordo il battesimo a M. nella piccola chiesa dei frati ortolani: una funzione rustica, quasi una festa agricola dinnanzi alla vasca dell'acqua benedetta. Io mi ricordo che cosa è stata quella chiesa per la nostra infanzia: l'organo, le candele, la sacrestia, i campanelli, gli spari, i santi, la via crucis, il grano bianco dei sepolcri, i passionisti, le messe cantate, il tantum ergo. C'era da uscire pazzi dalla gioia a sentire le nostre madri cantare. Le nostra mamme erano giovani, col panno nero intorno alla testa, la bella voce, il portamento fiero delle femmine maritate. La piccola processione saliva la strada maestra: il neonato tenuto sulle braccia tese di una contadina, apriva il corteo, poi c'era la levatrice con lo sposo e i familiari e il padrino; in ultimo un gruppo di monelli coi piedi neri nella polvere,un cane,una capra. Il sacerdote non voleva farci accostare alla fonte, non voleva farci vedere il sale. Ma poi si riusciva lo stesso a toccare la stola del prete,a reggere la fetta di pane,a guardare in faccia lo sposo felice. Noi non avevamo l'aureola che splende intorno alla testa di questi tre angeli, ma delle vere teste di turco e pidocchiose per giunta. Angeli eravamo senza dubbio, ma non di questa specie bionda, angeli neri e lucidi come calabroni! Vicino alla chiesa, mio Dio!
(il ricordo proprio non ci dà requie) c'era il convento con la nostra aula, il lungo corridoio affrescato dai frati, l'orto dove i carabinieri con i pantaloni listati di rosso e le maniche rimboccate giuocavano a bocce....