Domani 9 marzo 2012, la FIOM in piazza per la libertà del lavoro.
Non ho molto da aggiungere, se non questa poesia.
Non credo che nessun " Padrone" potrebbe mai scriverla: forse neppure capirla...
Tutti insieme sotto la pioggia in una lunga fila
aspettiamo di fronte alla fabbrica Ford di Highland. Per il lavoro.
Sai che lavoro è - se sei abbastanza
vecchio per leggere questo, allora sai
che lavoro è, anche se non puoi farlo.
Lascia perdere. Parliamo invece dell' attesa.,
mentre ci spostiamo da un piede all' altro.
Sotto una pioggia leggera come nebbia
fra i capelli , ti si annebbia la vista
finchè pensi di vedere tuo fratello
davanti a te, dieci posti più avanti.
Strofini gli occhiali con le dita,
e naturalmente è il fratello di qualcun altro.
stretto nelle spalle più di te,
ma con lo stesso triste modo di ciondolare, il sorriso
che non riesce a nascondere l' ostinazione,
il triste rifiuto di arrendersi
alla pioggia, alle ore di attesa sprecate,
al sapere che da qualche parte lì davanti
un uomo aspetta chi dirà , " No,
oggi non assumiamo", per qualsiasi
motivo lo desideri. Vuoi bene a tuo fratello,
ora all' improvviso puoi a malapena sopportare
l' amore che senti per tuo fratello,
che non è accanto a te, o dietro,
o poco più avanti, perchè lui sta a casa cercando
di recuperare il sonno di una notte miserabile
di turno alla Cadillac, per potersi alzare
prima di mezzogiorno per poter studiare Tedesco,
Lavora otto ore a notte per poter cantare
Wagner, la musica che tu odi di più,
la peggior musica mai creata.
Da quanto tempo non hai gli hai più detto
che lo amavi, da quanto non lo hai abbracciato,
non hai spalancato gli occhi e detto quelle parole,
e magari baciato sulle guance? Non hai mai fatto
qualcosa di così semplice, di così ovvio,
non perchè sei troppo giovane o troppo stupido,
non perchè sei geloso oppure
incapace di piangere
di fronte ad un altro uomo , no,
è solo perchè tu non sai che lavoro è.
WHAT WORK IS
We stand in the rain in a long line
waiting at Ford Highland Park. For work.
You know what work is—if you’re
old enough to read this you know what
work is, although you may not do it.
Forget you. This is about waiting,
shifting from one foot to another.
Feeling the light rain falling like mist
into your hair, blurring your vision
until you think you see your own brother
ahead of you, maybe ten places.
You rub your glasses with your fingers,
and of course it’s someone else’s brother,
narrower across the shoulders than
yours but with the same sad slouch, the grin
that does not hide the stubbornness,
the sad refusal to give in to
rain, to the hours wasted waiting,
to the knowledge that somewhere ahead
a man is waiting who will say, “No,
we’re not hiring today,” for any
reason he wants. You love your brother,
now suddenly you can hardly stand
the love flooding you for your brother,
who’s not beside you or behind or
ahead because he’s home trying to
sleep off a miserable night shift
at Cadillac so he can get up
before noon to study his German.
Works eight hours a night so he can sing
Wagner, the opera you hate most,
the worst music ever invented.
How long has it been since you told him
you loved him, held his wide shoulders,
opened your eyes wide and said those words,
and maybe kissed his cheek? You’ve never
done something so simple, so obvious,
not because you’re too young or too dumb,
not because you’re jealous or even mean
or incapable of crying in
the presence of another man, no,
just because you don’t know what work is.