PETER RILEY 1 The towns along the Tiza O the towns along the Tiza, the flaking walls, ragged squares, Habsburg halls and communist concrete eroding in the river wind, people wandering the streets or leaning against walls on market day holding the one object they’ve got for sale, a model house or a packet of tea... A shepherd with staff and cloak stands outside the Hotel Tiza, gypsies in orange skirts and wide-rimmed black hats cluster on corners... Border towns stuck with closed borders, holes in the roads, buffalo carts ignoring the traffic lights, broken bridges over the Tiza / The last offices in the west heated by small woodstoves, desks heaped with impractical directives, as the first bits of snow descend and everything gets dark together.
Oh! Le città lungo il fiume Tisa, mura che cadono a pezzi, piazze cenciose, i saloni degli Asburgo e il calcestruzzo comunista erosi nel vento del fiume, gente che vaga per le strade o che se ne sta appoggiata i muri nel giorno di mercato stringendo stretta la sola cosa che hanno da vendere, il modellino di una casa o un pacchetto di tè... Un pastore con bastone e mantello se ne sta appena fuori dall'Hotel Tiza, zingare dalle gonne arancioni e un gruppo di cappelli neri a larghe tese agli angoli delle strade... Città di confine bloccate sui confini chiusi, buche per la strade ,carretti che non rispettano i semafori, ponti rotti sul fiumte Tiza / Gli ultimi uffici dell' ovest riscaldati da piccole stufe a legno, sulle scrivanie cumuli di pratiche inevase, mentre i primi fiocchi di neve iniziano a cadere ed ogni cosa insieme si rabbuia.
Kalotaszeg
Low hiils carved into terraces,neglectded
now, full of wild grass. Shortage of
young people to work the land, gone
to building sites in the towns, Thin,
gnarled, elderly men and women,
digging potatoes inthins strips in the
valley bottoms.They give the greeting,
as always, and bilingually.
A dip rather than a valley, a long shallow
trough with maize and potatoes growing
in the bottom among fruit trees, and
shepherds watching small herds on
the shoulders. It is so threadbare and
close to bleak that we constantly have
to remind ourselves that this really is
Kalotaszeg, a name meaning to us a
perculiarly rich and sophisticated music,
wuth its immense dignity and negret, its
air of a saddened royalty.
The young people went away , leaving
theri parents to work the fields. Became
migrant workers, drivers of long-distance
lorries,with the same patience, the same
carved gateway into hore, gable-end
elegance, a radiance of grraceful gestures
cut trough necessity. When we reach the
village (Magyarvalkò) all the gable
ends,which face the streets, are decoratedd
with radiating semicircular structures
under the caves, with elegant urn- and
bird-like figures pierced symmetrically
trough the woodens slats.
Cosmic ornament. The universe
in attendance, round the corner,
pver the hill, out of sight. Signs of
welcome on the gate post. And an
abandoned collective farm with a
row of big agricultural machines
rotting in the sheds, completely
unsuitable for use in this kind of
terrain. And somewhere, the universe
in attendance, geese sittin round the
village pump, the woman striding up
the hill twice daily to wind up the
church clock, the old couples waiting
fot their children to retun.
Like the sun and the snow, turning
around each other.
Le basse colline coltivate a terrazzamenti, ormai
trascurati, invasi dalle erbacce. La mancanza di
giovani per lavorare la terra, andati a
a lavorare nei cantieri delle città. Uomini
e donne,magri, contorti, anziani
che coltivano patate in strette strisce
di terra sul fondovalle. Ti salutano, come
sempre, e in due lingue.
Un avvallamento piuttosto che una valle, un lungo
solco poco profondo , dove crescono granturco e patate
nel fondo tra gli alberi da frutta, e pastori
che custodiscono piccoli greggi sui bordi.
E' talmente tutto consumato e quasi tetro
che dobbiamo costantemente ricordare a noi stessi
che questa è veramente Kalotaszeg, un nome che per noi
significa una musica particolarmente ricca e sofisticata,
con la sua immensa dignità e rimorso, la sua
aria come di nobiltà amareggiata.
I giovani se ne sono andati, lasciando
i genitori a lavorare nei campi. Divenuti
lavoratori emigranti, autisti di camion su lunghe
distanze, con la stessa pazienza, la stessa strada
scolpita nella speranza, l'eleganza di un fastigio,
uno splendore di gesti aggraziati tagliati attraverso la necessità
Quando raggiungiamo il paese ( Magyarvalkò)
tutti i fastigi, che danno sulla strada, sono decorati
con strutture semicircolari a raggi sotto le grondaie,
con vasi eleganti e figure dalle forme di uccelli
forati simmetricamente attraverso le assi di legno.
Ornamento cosmico. L' universo
presente, dietro l'angolo
sopra la collina, fuori vista. Cartelli di
benvenuto sulle colonne dei cancelli. E una
fattoria collettiva abbandonata con
una fila di grandi macchine agricole in disfacimento
nei capannoni, del tutto inadeguate per l'uso
in questo tipo di terreno. E da qualche parte,
l'universo presente, le oche appollaiate intorno
alla pompa del paese, la donna che
cammina a grandi passi sulla collina due volte
al giorno per caricare l'orologio della chiesa,
la coppia di vecchi che attende il ritorno dei figli.
Come il sole e la neve, che girano
uno appresso l'altro.
Nessun commento :
Posta un commento