Piegato hai il capo e mi guardi;
e la tua veste è bianca,
e un seno affiora dalla trina
sciolta sull'omero sinistro.
Mi supera la luce; trema,
e tocca le tue braccia nude.Ti rivedo. Parole
avevi chiuse e rapide,
che mettevano cuore
nel peso d’una vita
che sapeva di circo.Profonda la strada
su cui scendeva il vento
certe notti di marzo,
e ci svegliava ignoti
come la prima volta.
Salvatore Quasimodo da “Ed è subito sera”, A. Mondadori Editore, Milano, 1942
Send in the Clowns ( Che] Entrino i Pagliacci) è una canzone di Stephen Sondheim del musical del 1973 A Little Night Music, adattamento musical del film di Ingmar Bergman Sorrisi di una notte d'estate.
Fin qui nulla di particolare: un bel musical di successo, una bella canzone, ripresa da moltissimi cantanti ( Frank Sinatra, Barbra Streisand, Shiley Bassey, etc.) e da molti jazzisti, grazie ai quali è diventata un vero cult.
Il problema sorge con la traduzione in italiano, per quel che ci riguarda, ma che si ripropone anche in altre lingue, da quello che ho potuto controllare sul web: se la canzone parla di una storia d'amore cosa mai c'entrano i clowns , i pagliacci?
Invero in lingua inglese "Send in the clowns", significa letteralmente " che entrino i pagliacci", riferendosi alla usanza circense di fare entrare "send in " i pagliacci "the clowns" in scena, al verificarsi di un contrattempo, più o meno grave, durante lo spettacolo circense; che so, un leone azzanna il domatore, Send in the clowns!, un trapezista manca la presa e precipita , Send in the clowns!!. ( il doppio punto esclamativo potrebbe significare che il trapezista si è fatto veramente male, Nota di Jago), così da distrarre gli spettatori.
Per traslato la frase è venuta poi a significare, fuori dal campo circense ( ma la vita in fondo non è un gran circo Barnum?), se capita qualcosa di brutto, distraiti, non ci fare caso, che entrino i pagliacci.
E allora, Send in the clowns!
Isn't it rich?
Are we a pair?
Me here at last on the ground
You in mid-air
Send in the clowns
Isn't it bliss?
Don't you approve?
One who keeps tearing around
One who can't move
But where are the clowns?
Send in the clowns
Just when I stopped
Opening doors
Finally knowing
The one that I wanted was yours
Making my entrance again with my usual flair
Sure of my lines
No one is there
Don't you love farce?
My fault, I fear
I thought that you'd want what I want-
Sorry my dear
But where are the clowns?
Quick, send in the clowns
Don't bother they're here
Isn't it rich?
Isn't it queer?
Losing my timing this late
In my career?
And where are the clowns?
There ought to be clowns
Well, maybe next year...
Qui la versione originale
qui il grande Frank
una versione jazz, stupenda,
di NIls Landgrenche è poi
quella da cui è partito
questo viaggio nella musica
e nella traduizione
I might have come from the high country, or maybe the low country, I don’t recall which. I might have come from the city, but what city in what country is beyond me. I might have come from the outskirts of a city from which others have come or maybe a city from which only I have come. Who’s to know? Who’s to decide if it rained or the sun was out? Who’s to remember? They say things are happening at the border,which border is anyone’s guess. They mention a hotel where it doesn’t matter if you’ve forgotten your suitcase; there’ll be another one waiting, big enough, and just for you.
Forse sono arrivato dalle colline, o forse dalla pianura, davvero non ricordo. Forse sono arrivato dalla città, ma da quale città in quale nazione non so. Forse sono arrivato dai sobborghi di una città da cui altri sono venuti oppure da una città da cui solo io sono arrivato. Chi può dirlo? Chi deciderà se è piovuto o se c'è stato il sole? Chi se ne ricorderà? Dicono che al confine sta succedendo qualcosa, ma nessuno sa su quale confine.. Parlano di un albergo dove non importa se hai dimenticato la valigia; ce ne sarà un altra che ti aspetta, grande abbastanza, ed è solo per te.
Ultimo arrivato nella vasta biblioteca di casa Pancirolli:
EPITAFFI GRECI
La Spoon River ellenica di W.Peek
Traduzione di Franco Mosino
A cura di Emanuele Lelli Prefazione di Giulio Guidorizzi
BOMPIANI EDITORE
ISBN 9 788845 298943
Nel 1955 l'epigrafista tedesco Werner Peek pubblicò la più importante raccolta, a tutt'oggi, di epigrammi sepolcrali greci, dall'età arcaica all'epoca cristiana. In oltre dieci anni di lavoro Franco Mosino, grecista e linguista, scomparso nel 2015, tradusse e commentò, unico al mondo, la raccolta di Peek. Emanuele Lelli, in collaborazione con un gruppo di studenti del Liceo Tasso di Roma, ne ha curato la revisione, l'aggiornamento e l'introduzione.
Testi reali,composti da poeti sconosciuti, per uomini e donne che hanno lasciato in tal modo il loro ricordo nei secoli: anziani che hanno concluso la vita con una vecchiaia serena e giovani morti prematuramente; naufraghi sfortunati e soldati gloriosi; fanciulle appena sposate che Ade ha strappato agli affetti e medici che, dopo aver curato altri, non hanno potuto curare se stessi. Dalla prima di copertina
But there you are. Real as a figment of my imagination. My Muse,.....
Ecco sei qui. Reale come un frutto della mia fantasia. Mia Musa, sorridente.Vera.Reale. E qualsiasi cosa sento di dire, posso dirtela. E tu sarai d'accordo. E mi parlerai. E le parole. Le parole che dici saranno quelle che stavo cercando (o alcune di esse) e mi piaceranno e non ci servirà una Intelligenza Guida. Siamo l'Umanità ed eccoci qui. Ed è bene essere umani; ed è bello essere un uomo buono ( difficile da trovare) ed una donna buona; ed anche dopo tutte queste dolcissime parole, dove la lode è dovuta. Noi non siamo macchine. Io sono io. Tu sei tu. Alle mie spalle gelidi colonnati, me ne vado verso un pensiero appassionato, verso un amore senza passione.
Penso alla signora Lewis in primavera quando gli asfodeli fioriscono e sulle isole greche appaiono i primi germogli, spuntano i crochi, i capelli crisantini di Anne o di Susan. Intanto si sente un ronzio e nessuno sa, se di api o di maiali, l'iterazione o il placido grugnito e nessuno sa se è di nuovo in primo piano, questo nostro mondo o sottosopra o cosa, la leggenda di Alice o la grotta degli elfi, e per ogni dove girovaghiamo stupiti di quei corrotti calcoli e della loro strana ubriaca frenesia nell'atmosfera che neanche le feste di primavera riescono a spiegare; e neppure perché lacrime di pietra cadono selvaggiamente a terra: perché non vediamo il Minotauro? III Naturalmente,Picasso lo vide: E' evidente. Lo vide come simbolo di tutto l'amore, di tutta la distruzione, di tutta la disperazione dell'età ormai incapace di affrontare la giovinezza o di gioire nella danza i suo trombettisti suonano ora, suonano quel jazz. No, alla fine il vecchio è una testa in una natura morta, barbuta, bella, che non riesce a vedere la ragazza di fronte, pietra, una morta testa posta di fianco a un vaso. Non riesce a vedere la ragazza, i suoi capelli biondi, o il patetico bambino in equilibrio su di una palla. Nell'altro dipinto lo specchio lo tiene lontano, lui indietreggia e si fa piccolo di fronte all'amore.
Love. The water lapping my feet,
.The tide seemed to be rising;
I hurried along among the broken
Shards, tripping up among the tweeds
That grew from the crevices, the smashed boats,
The long pieces of wood.
There was no-one there. No one to greet
Or encourage me, nothing but the hair-rising
Rising of the water, the need
To hurry and the impedimenta,
I in the centre
Of a decaying world, as always
In dreams trying
to get away, to escape,
Bur where to, there was nothing there.
Amore. L'acqua che mi lambisce i piedi, la marea sembrava montare; mi affrettai tra i cocci rotti, inciampando nelle alghe che crescevano dagli scogli, tra le barche frantumate, tra lunghi pezzi di legno. Non c'era nessuno. Nessuno che mi accogliesse o incoraggiasse, nulla tranne il terrificante salire dell'acqua, il dover scappare e il non poterlo fare Io nel centro di un mondo in decomposizione, come sempre nei sogni tentavo di fuggire, di scappare, ma dove, non c'era niente lì.