Mi ricollego a quanto detto da Megalexandros sul poeta che può “leggere” un quadro e vi inserisco, qui di seguito, una poesia di Billy Collins, “ispirato” da un autoritratto di Goya:
Candle Hat, Questions About Angels, 1991
In most self-portraits it is the face that dominates:
Cezanne is a pair of eyes swimming in brushstrokes,
Van Gogh stares out of a halo of swirling darkness,
Rembrandt looks relieved as if he were taking a breather
from painting The Blinding of Samson.
But in this one Goya stands well back from the mirror
and is seen posed in the clutter of his studio
addressing a canvas tilted back on a tall easel.
He appears to be smiling out at us as if he knew
we would be amused by the extraordinary hat on his head
which is fitted around the brim with candle holders,
a device that allowed him to work into the night.
You can only wonder what it would be like
to be wearing such a chandelier on your head
as if you were a walking dining room or concert hall.
But once you see this hat there is no need to read
any biography of Goya or to memorize his dates.
To understand Goya you only have to imagine him
lighting the candles one by one, then placing
the hat on his head, ready for a night of work.
Imagine him surprising his wife with his new invention,
then laughing like a birthday cake when she saw the glow.
Imagine him flickering through the rooms of his house
with all the shadows flying across the walls.
Imagine a lost traveler knocking on his door
one dark night in the hill country of Spain.
"Come in," he would say, "I was just painting myself, "
as he stood in the doorway holding up the wand of a brush
illuminated in the blaze of his famous candle hat.
***Francisco Goya, Self-Portrait, 1790-95
Candle hat
In molti autoritratti è il viso che prevale
Cezanne è un paio d’occhi che nuotano tra le pennellate,
Van Gogh ci fissa dall’alone di un vortice di buio,
Rembrandt sembra sollevato come se prendesse fiato
dopo aver dipinto Sansone accecato dai Filistei.
Ma in questo, Goya è in piedi ben lontano dallo specchio
e si vede in posa nel disordine dello studio
rivolto ad una tela inclinata sull’alto cavalletto.
Sembra che ci sorrida come se lo sapesse
che saremmo divertiti dallo straordinario cappello che ha in testa
provvisto tutto intorno di portacandele,
un trucco che gli permetteva di lavorare di notte.
Tu puoi solo immaginare che effetto farebbe
indossare un candeliere simile sulla testa
come se fossi una sala da pranzo o una sala da concerti semovente.
Ma non appena vedi quel cappello non c’è bisogno di leggere
biografie di Goya o memorizzare le sue date.
Per capire Goya devi solo immaginartelo
mentre accende le candele una ad una , poi si sistema
il cappello sulla testa, pronto per una notte di lavoro.
Immaginalo mentre sorprende la moglie con la sua nuova invenzione
e lei ride come davanti ad una torta di compleanno nel suo bagliore.
Immaginalo mentre balugina tra le stanze della casa
con le ombre che svolazzano sui muri.
Immagina un viaggiatore sperduto che bussa alla sua porta
in una notte oscura sulle colline della Spagna.
“Entri pure”, direbbe, “stavo solo facendomi il ritratto”,
fermo sulla porta mentre regge il pennello,
illuminato dal bagliore del suo famoso cappello.
Traduzione di Ipazia
Non trovate fantastici sia il quadro che la poesia?
venerdì 28 maggio 2010
Iscriviti a:
Commenti sul post
(
Atom
)
Bellissima , Ipazia, la poesia,e bellissimo
RispondiEliminae incantato il quadro, con Goya che ci guarda
e sorride ironico, e ci accoglie , da allora e per sempre nel calore della sua bottega, della sua umanità.
Ipazia, un solo rilievo, sulla grafica: diversifica con i caratteri ( corsivo, bold etc) le tue introduzioni, la poesia originale,
RispondiEliminale traduzioni.
Le nuvole non hanno telefoni.
Ah, non mi piace molto mi ricollego: troppo burocratico...
RispondiEliminaAlessandro